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Tusk

Regia di Kevin Smith vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Tusk

di alan smithee
6 stelle

Teaser poster

Tusk (2014): Teaser poster

Oltre all'acclamato Clerks e ad un suo tardivo ma non malvagio sequel, la carriera cinematografica di Kevin Smith ha sempre costituito una serie innumerevoli di buoni propositi e promesse sulla carta piuttosto allettanti, magari ambiziose, forti di grandi attese e relative, spesso anche cocenti delusioni, frutto di aspettative alla fine dei conti poco mantenute.

Ritrovare l'ex ragazzaccio nuovamente alle prese con un horror (subito dopo il precedente Red State, film che tuttavia devo ancora vedere), seppur in questo caso atipico, ironico e almeno teoricamente nelle corde del regista che abbiamo imparato a conoscere (diffidandone anche in parte), ci fa ben sperare.

Justin Long

Tusk (2014): Justin Long

Il ritorno di Justin Long al cinema horror (qui impegnato in un massacrante tour de force di make-up), seppur di tutt'altro tono rispetto al pur ironico ma meno baracconesco, apparentemente più serio, ottimo Jeepers Creepers, costituisce un altro elemento positivo che induce a fornirci buone aspettative sul film.

La vicenda si fa strada parlando di un termine oggi sulla bocca di molti: “podcast”, ovvero files audio o video scaricati dalla rete, opportunità che in questo frangente un duo di brillanti ed ironici conduttori radiofonici, trova ed assembra abilmente per confezionare programmi di intrattenimento che puntano sul ridanciano, l'ironico e sulla follia quotidiana catturata dagli eccentrici comportamenti di folli masochisti o ingenui voyeuristi.

Quando uno dei due radiocronisti si reca nel Canada francese per intervistare un maldestro ragazzo che è riuscito nell'involontaria, efferata, tragicomica impresa da guinness di riprendersi mentre si amputa involontariamente un arto giocando a fare “Kill Bill” con una spada orientale vera, le sue astute mire naufragano scoprendo che nel frattempo lo stolto imbranato ha deciso bene di suicidarsi.

Michael Parks

Tusk (2014): Michael Parks

Per puro caso lo scaltro conduttore si imbatte, in un cesso di un area di servizio, in un dettagliato annuncio da parte di un anziano avventuriero che si offre di raccontare tutte le sue storie incredibili ma vissute, a chi è disposto ad ascoltarlo.

Incontrato l'uomo nel suo maniero sperduto nelle foreste canadesi, i due si dilungano, uno a raccontare, l'altro pazientemente ad ascoltare.

Da un incontro con Hemingway il vecchio passa imperterrito ad altre mirabolanti avventure che lo hanno visto naufrago in avventure al limite della sopravvivenza, circostanze che la regia ci esplicita in efficaci flash-back in bianco e nero, evocativi di un passato lontano reso nei particolari da parte dell'anziano (ed apparentemente paralitico) viaggiatore.

Il giorno seguente l'intervistatore si risveglia da un profondo torpore accorgendosi di avere una gamba amputata: questa efferata circostanza sarà solo la prima di una serie di sadici interventi a completamento di quella che sarà una macabra irreversibile trasformazione da essere umano ad anfibio, circostanza che è divenuta una ossessione esclusiva per il folle incontenibile vecchiaccio.

Justin Long "dopo" e "durante" la trasformazione.

 

Sulle tracce dello sventurato radio conduttore, il suo pingue giovane collega si unirà all'avvenente compagna mora dello scomparso; assieme verranno maldestramente coadiuvati da uno strambo detective privato informato sui fatti, dietro le cui spoglie si cela (mai ufficialmente rivelato) uno dei più celebri attori hollywoodiani dell'ultimo ventennio: l'eroe di Tim Burton per citarlo senza nominarlo, in un ruolo piuttosto auto-ironico dove quest'ultimo ha l'occasione di rifare se stesso e tutto il teatrino di moine che in modo sin troppo insistente ci ha regalato in tutti questi anni.

La star in incognito...ma non troppo

 

Nella versione francese del film, appena uscita in dvd, la cosa più divertente risulta ascoltare la parodia del francese imbastardito tipico dei canadesi del Quebec: un francese quasi incomprensibile se non nella inconfondibile impostazione che risulta indimenticabile per esempio a chi ha avuto modo di vedere in lingua originale (ma spero per lui sottotitolati in qualsiasi altra lingua) i film di Xavier Dolan.

Tra gli attori si segnalano un ritrovato Haley Joel Osment che, cresciuto anagraficamente e ancor più in senso orizzontale, appare come una versione espansa, quasi palloncino, del ragazzino de Il sesto senso o A.I.; la sexy Genesis Rodriguez e soprattutto il tarantiniano (ma pure “umbertolenziano”) Michael Parks nei panni del folle anziano viaggiatore con la passione per i trichechi.

Un horror strambo e ridanciano, a tratti pure riuscito, folle e a suo modo disturbante che ci riporta un po' di interesse verso un autore che ci sembrava perso definitivamente, e che dunque torniamo ad aspettare al varco, non senza mettere da parte i sospetti maturati dopo decenni di carriera davvero discontinua che ci ha indotto a diffidare.

 

 

 

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