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La signora senza camelie

Regia di Michelangelo Antonioni vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su La signora senza camelie

di port cros
8 stelle

La scomparsa di Lucia Bosè è occasione per rivederla nel terzo film di Antonioni come travagliata figura di attrice emergente acerba ed ingenua, manipolata nella vita privata e nella carriera da un ambiente di uomini con pochi scrupoli. Un' impietosa rappresentazione del mondo del cinema italiano, fabbrica di illusioni e sogni dal brusco risveglio.

Lucia Bosé, Andrea Checchi

La signora senza camelie (1953): Lucia Bosé, Andrea Checchi

La scomparsa ad 89 anni per polmonite da coronavirus di Lucia Bosè è occasione per rivedere uno dei migliori film che la videro protagonista nel decennio del suo fortunato esordio, sotto la direzione di uno dei giganti del cinema italiano, Michelangelo Antonioni, anche lui agli inizi, essendo questo il suo terzo film da regista.

 

Il film racconta l'impatto col mondo di Cinecittà di Clara Manni, una commessa milanese, scoperta per caso dal produttore Gianni (vicenda simile a quella della Bosè stessa), che le impone di scegliere immediatamente se le interessa fare cinema, si invaghisce di lei e le organizza la carriera, imponendo scelte e ruoli (basati sulla sua avvenenza più che sul talento) all'inesperta giovanissima Clara.

Quando Gianni (Andrea Checchi) decide (perché decide sempre tutto lui) di sposare la sua protetta, la gelosia ha la meglio sull'interesse commerciale e pretende che la moglie la smetta coi ruoli allusivi che l'avevano portata alla fama e si concentri su parti serie e morigerate. Per evitare che debba girare qualsiasi scena scabrosa, si mette in testa di dirigere egli stesso una versione della Giovanna d'Arco, che però si rivela un clamoroso fiasco critico e commerciale.

Da lì inizia la parabola discendente di Clara, sempre costretta a subire scelte altrui, anche nella vita privata ove, infelice nel matrimonio in cui si è fatta trascinare, accetta la corte di un affascinante diplomatico nell'illusione di ricominciare una vita con lui, per poi rendersi conto che questi la vuole solo come amante per un'avventura al riparo dello scandalo.

Anche i suoi sforzi per essere presa sul serio come interprete si scontrano contro la parete di gomma di un mondo del cinema venale e superficiale, che, nonostante i suoi sforzi per studiare e migliorarsi, la vuole solo in parti da maliarda o da seduttrice in film commerciali.

 

La signora senza camelie - Wikipedia

 

 

La Clara Manni di Lucia Bosè è una travagliata figura femminile di ragazza acerba ed ingenua, manipolata da un mondo di uomini con pochi scrupoli ed attenzioni verso il suo benessere, la cui avvenenza pare una scorciatoia per successo e ricchezza, ma si rivela una maledizione per una personalità insicura in un mondo di lupi, stritolata da un meccanismo cinico non fa altro che alimentare le sue insicurezze, totalmente priva di controllo sia livello personale sia professionale. La Signora Senza Camelie è anche quindi, come il coevo Bellissima di Visconti, un' impietosa rappresentazione del mondo del cinema italiano, fabbrica di vacue illusioni e di sogni di cartapesta dal brusco risveglio. Particolarmente godibili sono le scene della realizzazione del film nel film, con la rappresentazione del caos e dell'improvvisazione creativa imperanti in un set di Cinecittà, sequenze ove spicca la bravura di Gino Cervi nel ruolo di produttore per cui gli elementi che fanno funzionare una pellicola sono “sesso, religione e politica”.

 

 OZU TEAPOT — La signora senza camelie (The Lady Without...

 

Gli elementi di introspezione psicologica e di critica sociale sono abilmente mescolati con quelli del melodramma in una sceneggiatura oliatissima, scritta da Antonioni con Suso Cecchi d'Amico, Francesco (Citto) Maselli e Pier Maria Pasinetti. Fin dal sarcastico titolo, una vena caustica attraversa la narrazione senza mai tuttavia perdere l'empatia per la fragilità della protagonista, culminando nell'amarissimo finale in cui Clara è costretta ad ammettere la sua sconfitta e a perdere il rispetto per sé stessa accettando una parte insulsa in un film sulle odalische, rassegnandosi a diventare quella che gli altri vedono e vogliono piuttosto che a perseguire la sua realizzazione.

 

 

Antonioni, in un'opera più accessibile dei suoi apologhi sull'incomunicabilità, che non può a mio parere essere considerata “minore”, rivela uno spiccato talento per la costruzione dell'immagine filmica. Vedasi l'incontro tra i due amanti tra le travi del set, la passeggiata nella periferia allora desertica oltre l'EUR, la scena in cui Clara si rende conto della proprio inadeguatezza ascoltando la prova di un'attrice (che non vediamo mai) mentre le comparse malignano sulle sue qualità di interprete e l'agghiacciante sorriso / pianto finale.

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