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Two Men in Town

Regia di Rachid Bouchareb vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Two Men in Town

di logos
7 stelle

E’ difficile uscire dalle conseguenze del male commesso, nonostante si abbia scontato la prigione. Perché la comunità è sempre pronta a ributtare addosso all’ex detenuto la definizione etichettate di criminale, e d’altro canto questa definizione finisce per essere incorporata dallo stesso sfortunato, che così finisce per commettere quegli stessi crimini che lo riporteranno in prigione.

 

Questa è la storia di William, che dopo aver ucciso un poliziotto della contea Luma, sconta una pena di diciotto anni, e si ritrova in libertà vigilata con regole ben precise: essere a domicilio dalle 9 di sera alle 6 del mattino, non portare addosso armi, non avere contatto con chi ha dei precedenti o con sospettati. A prendere in consegna l’ex detenuto, in modo da vigilare affinché rispetti le consegne, è la laboriosa agente di custodia Emily Smith. Una donna severa, ma che crede nella possibilità del riscatto. Non la pensa così lo sceriffo della contea, Bill Agati, che vuole a tutti i costi che William ritorni in carcere, per aver ucciso un suo sottoposto, e quei 18 anni di reclusione non bastano, e proprio per questo, in qualità di sceriffo, vuole allertare la comunità.

 

William cercherà di mettercela tutta: convertitosi all’Islam troverà un lavoro come bovaro, e riuscirà ad aprirsi un conto corrente in una banca, presso la quale incontrerà l’impiegata Teresa, con cui nascerà una love story. Ma le cose non sono così semplici come sembrano: c’è sempre di mezzo lo sceriffo che cerca di fare lo sgambetto al nostro eroe, in più il criminale Saldano lo vuole di nuovo al suo fianco come trafficante di clandestini dal Messico.

 

Il film si svolge dunque su una terra di confine, in cui l’atmosfera accecante di un sole persistente riesce a sposarsi con una tonalità emotiva cupa, dove si avverte sin da subito l’impossibilità di una effettiva emancipazione. Colpisce la volontà tutta autentica di riaffermazione di sé nella semplicità, da parte di William; il sottile legame che lo unisce con la sua vigilatrice. Ma è troppo poco rispetto alle insidie che vengono lanciate, da una parte, dallo sceriffo e, dall’altra parte, dal criminale. E’ come se l’autorità del bene e del male siano complici nel rendere impossibile l’eccezionalità esistenziale di un uomo che vuole, in tutta semplicità, riscostruire la propria libertà nell’amore con una donna. No, per l’esistenza non c’è spazio, il nostro eroe ritornerà ad essere come lo vogliono le istituzioni del bene e del male, della giustizia e della criminalità.

 

Il regista Rachid Bouchareb dà un’ottima prova di stile, in certi momenti mi è sembrato di essere in uno dei film di Denis Villeneuve, nei quali i personaggi sono consegnati a un destino impietoso che li sovrasta e li fa essere interiormente devastati dalla perdita progressiva di terreno che li possa ancora sostenere. Certo, forse bisognava meno rimarcare su certe situazioni già significative di per sé, per evitare quelle didascalie che rendono l’opera meno tragica. Però è una sottigliezza dei miei gusti. Per quanto concerne gli attori, mi soffermo solo sul protagonista principale, Forest Whitaker, che ha dato veramente tutto se stesso, con il suo sguardo, la sua mimica facciale, postura e gestualità. Ma anche in ciò si poteva dare di più, si doveva lasciare più spazio interpretativo a questo grande attore, perché la sua recitazione è veramente qualcosa che nasce dal fondamento dell’esserci.

 

Un film comunque poliedrico, che non il pretesto di metterci davanti l’impossibilità del riscatto di un ex detenuto ci fa anche comprendere come la società, soprattutto la comunità di confine, dunque gli interi USA, è attraversata da forze contrapposte, ma che si tollerano per l’equilibrio generale, affinché l’eroe di turno dall’Afghanistan possa essere degnamente festeggiato con la bandiera per le sue azioni militari, all’insegna della Libertà e della Ricerca della felicità.

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