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Il segno della legge

Regia di Anthony Mann vedi scheda film

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La recensione su Il segno della legge

di fixer
8 stelle

 

 

Forse il meno Manniano dei suoi western. E forse il meno originale. E’ quasi tutto già ampiamente visto. L’arrivo del bounty-Killer con un cadavere per il quale intascare una taglia. L’ostilità della città. Il solito comitato di benpensanti sempre pronti a badare ai propri interessi che non a quelli della legge, il veccho (ex)sceriffo che istruisce quello giovane, la caccia e la cattura dei banditi, il tentativo di linciaggio e il duello finale. Tutto già visto. La cosa più originale e la migliore del film è probabilmente la figura e la morte del vecchio dottore McCord, impersonato da un sempre pregevole John mcIntire. Fonda interpreta un ruolo che due anni dopo riprenderà, anche se in forma molto più cupa (Ultima notte a Warlock, di E.Dmytryk) ma stavolta la sua interpretazione ha il peso specifico della figura classica del saggio ex-sceriffo che ha lasciato la stella e non ne vuole spiegare i motivi. Il mistero che aleggia attorno alla sua figura fa parte dell’architettura un po’ stantia della trama e serve a sorreggerla per non farla sembrare scontata. Dicevo all’inizio che si tratta del meno mangiano dei suoi film. In effetti, la figura di Morgan, l’ex-sceriffo (Henry Fonda) si discosta dalla tipologia manniana. Non è cioè il “giusto” che vuole dedicarsi a una vita tranquilla, a un lavoro onesto, scegliendo perlopiù la compagnia di un vegliardo brontolone ma dal cuore d’oro. Jimmy Stewart era l’attore ideale per raffigurare questo “tipo”: onesto, solitario, impacciato, gran lavoratore ma cocciuto e inesorabile. L’eroe di Mann non va in cerca di guai: sono i guai a cercare lui. Sotto sotto, c’è la filosofia di questo regista che resta, malgrado tutto, un inguaribile ottimista, pur nella consapevolezza del male immanente e perennemente incombente. Ci sono alcuni punti in comune, a ben vedere, fra Morgan e alcuni eroi Manniani ed è quello della redenzione. Glyn, il protagonista di LA’ DOVE SCENDE IL FIUME, oppure Link in DOVE LA TERRA SCOTTA. Un oscuro passato permea di mistero questi protagonisti, così come quello di Morgan. Questi non ne vuole parlare: se non lo fa è perché c’è dietro qualcosa che ancora gli brucia e di cui non riesce a liberarsi del tutto. Il film non svela il mistero ma il fatto che solo dopo numerose insistenze, si appunti di nuovo la stella di sceriffo, indica che è ritornato ad aver fiducia nella giustizia o almeno a superare i fantasmi che per tanto tempo lo hanno tormentato.

Morgan è un personaggio interessante per quello che non dice di sé: è un ex uomo di legge, ma da molto tempo ormai ha cambiato mestiere. Fa il cacciatore di taglie, un lavoro disprezzato e che gli crea un vuoto intorno fatto di ostilità e pregiudizio. Eppure, fin dal primo momento, si capisce che è uomo giusto: non reagisce all’ostilità manifesta della gente, inizia un rapporto tenero con il ragazzino della vedova presso cui alloggia, dimostra pacatezza e saggezza. Il classico eroe Manniano, dal passato oscuro ma dal presente saggio e sereno.

Un altro elemento non propriamente Manniano è il rapporto che si crea tra Benny (Anthony Perkins), il giovane sceriffo e lui. Gli amici dei protagonisti dei suoi film, come si diceva, sono solitamente dei vecchi solitari come loro, dediti a dormire spesso all’addiaccio e amici della bottiglia, saggi e consapevoli della loro precaria esistenza. Qui il rapporto che si crea fra i due, di tipo didattico, rimanda più a un regista come Delmer Daves il quale eccelleva in questo genere di situazioni, riprese poi da registi come Michael Winner (IO SONO LA LEGGE) e il citato Dmytryk.

E’ la natura non violenta dei due protagonisti a dare la cifra classica del film: si tratta di due personaggi che aborrono la violenza ma sono costretti ad usarla, tema questo sicuramente “locus classicus” di tutto l’universo western. Morgan insegna a Benny ad usare prima il cervello per capire la gente e poi, eventualmente, sparare. Il contrappunto inevitabile è dato dal “bravaccio” solito rappresentato da Neville Brand e cioè Bart Bogardus. Il conflitto è quindi dato dall’uso che viene fatto della legge. Per Benny e Morgan, la legge tempera le passioni e ristabilisce il diritto, base su cui costruire una società civile. Bogardus è l’uomo del vecchio West, destinato a soccombere, incapace com’è di accettare il primato della legge.

La figura del medico è un cameo romantico ma fortemente suggestivo. Il vecchio medico, saggio, generoso e meticoloso è l’altra faccia del West. Lo spirito della frontiera, spesso rappresentato dai vari Bogardus, è frenato e incanalato sui binari della civiltà dagli sceriffi, dai giudici e dai medici. I banchieri e i commercianti (e quando capita, i politicanti) sono spesso associati al West mercantile, avido, poco incline all’umanità e spesso schiavo dei propri interessi. Il medico è visto come persona che aiuta, così come il buon giudice è colui che impersona la legge e quindi il diritto, mentre lo sceriffo è molto spesso servitore dei potenti. Nel caso in esame, McIntire muore colpito a tradimento mentre torna, assopito, sul suo calessino verso casa, dopo aver prestato le cure necessarie ad alcuni pazienti, tra cui i suoi assassini. E’ una scena più Fordiana che Manniana: c’è una poesia straordinaria nell’arrivo di questo vecchio medico, ormai cadavere, nella città che si appresta a festeggiarne il compleanno. Una sequenza commovente degna del vecchiaccio irlandese. Il tributo che un’intera città sta per dedicargli è la consapevolezza della necessità del Bene e la fiducia in una nuova società che sta per lasciarsi alle spalle gli ultimi fuochi della frontiera. Giusta o sbagliata che sia, questa fiducia spiega il perché la città ha abbandonato Bogardus, accolga Benny come nuovo sceriffo e saluti con riconoscenza Morgan che lascia la città, non più solitario.

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