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Scusi, lei è favorevole o contrario?

Regia di Alberto Sordi vedi scheda film

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La recensione su Scusi, lei è favorevole o contrario?

di lamettrie
8 stelle

Un bel film, molto originale e particolare, ingiustamente criticato. Di fatto non ha trama, questa biografia così realistica e insieme così sognante, diffusa lungo un tempo impalpabile.

Sognante perché il protagonista incarna l’immaginario dell’uomo pieno di belle donne, immaginario che risulta ancora più credibile se svolto da un uomo mediterraneo. Realistico in quanto però mostra le difficoltà di tutti i rapporti, che per restare accesi, nei rari sprazzi positivi che offrono, richiedono una quota forse ben maggiore di sacrifici.

È un film che stuzzica tanto gli uomini, per il fascino che il protagonista esercita sulle donne (soprattutto grazie al denaro), quanto le donne stesse, per la devozione che esse ricevono e l’autenticità che ne paradossalmente traspare.

Sordi inscena un personaggio pieno di contraddizioni, eppure anche coerentissimo per altri tanti versi: il suo ritratto psicologico è davvero eccellente. Sua è la regia, la seconda, come anche soggetto e sceneggiatura, stese assieme al grande Amidei: un classico collaboratore di prestigio del grande romano, così come Piccioni, le cui musiche rendono il film molto più moderno di quello che è, del ’66. A renderlo avveniristico rispetto ai tempi concorrono anche le scenografie e i costumi, ma soprattutto la sceneggiatura. Non a caso lo spunto è offerto dal dibattito attorno al divorzio, che in realtà conoscerà il referendum solo ben otto anni dopo. Poi lo spunto divorzista (comunque interessante, nelle dichiarazioni degli intervistati proposte con lo stile documentaristico) è soltanto uno spunto, proprio, e nulla più: il film, lungo (più di due ore, ma non annoia mai), è appunto la fenomenologia del poligamo, che vive nella libertà dei costumi e dei legami sentimentali. Un film apprezzabile anche perché presessantottino, ma capace al contempo di rappresentare l’Italia del boom: il protagonista è ricco, con tutti i vantaggi che tale ricchezza gli concede nella gestione parallele di storie amorose plurime, e per assurdo non nascoste.

Del cattolico di facciata, che ripudia il divorzio ma che di fatto nega ogni esclusività sentimentale, c’è appunto l’aspetto opportunistico, di inserirsi in una tradizione rassicurante, e nulla più. Notevole invece è la serenità spirituale, molto profonda, che emana dal personaggio (chissà se e quanto autobiografica, almeno nelle intenzioni: l’attore-regista-sceneggiatore, allora 46enne, come è noto non si è mai sposato, né ha mai riconosciuto figli). Fra l’altro Sordi ha qui trovato la veste estetica più accattivante di sé stesso: con quei baffetti perfetti è piacente, più che in tutte le altre tante pellicole in cui si cimenta da piacione, lui che riconosceva di non essere certo un adone.

Notevole, si diceva, è quella posa di tranquillità da filosofo edonista greco: si palleggia in mezzo a tante storie, ma è sempre corretto. Non dice menzogne, non manca mai di rispetto. È anche autentico: un sentimentale, romantico (splendida la descrizione critica ne fa in proposito la ex moglie, che lo dipinge come un retrogrado moralista persino, con evidente eccesso rispetto alla realtà), legato più al corteggiamento e ai riti dell’’amore che non alla sua consumazione carnale (che comunque è essenziale, e si capisce essere il vero fine attorno a cui ruota tutta questa sua condotta sentimentale: quella di procacciarsi costantemente l’appagamento sessuale). Ma tale soddisfazione fisica è una conseguenza, quasi inevitabilmente, della sua predisposizione a non poter fare a meno di amare donne, una donna per volta, con profondo rispetto, sapendo tutta la devozione che la donna merita: i complimenti che fa non solo falsi, non sono solo quelli di un opportunista. Alla fine si prodiga lui per gli altri, molto di più di quanto non riceva. Un individualista felice, che non può fare a meno dell’affetto condiviso, fin quando resta condiviso; e che accetta di essere abbandonato, senza forzare nessuno, ma ricordando sempre la propria disponibilità a voler bene, una porta che resta sempre aperta.

È ovvio che questo personaggio non abbia idee politiche, né valori grandi, ma cerchi solo di barcamenarsi sul presente, con grandi doti attoriali di equilibrio nel famoso hic et nunc, oraziano e soprattutto cirenaico. Quando, per motivi di coerenza politica, il futuro genero perde un posto di lavoro da giornalista non semplice da ottenere, lui proprio non capisce il perché: questi sono i limiti dell’uomo che Sordi descrive, un egocentrico che ha bisogno solo di vedere soddisfatti i suoi desideri, e che a tal uopo cerca di sgomberare via via tutti gli ostacoli con l’influenza e la ricchezza che si è costruito in lunghi e faticosi anni: ma che non è capace di ragionare in termini di una coerenza superiore, con valori maggiori che possano portarlo anche a delle frizioni con soggetti che lì sbagliano. Questo rilievo critico è un tratto tipico  negativo dell’italiano. È un irresponsabile, ma ha sempre bisogno di giocare, di godersi la vita, il che è il lato buono della medaglia.

Quei rapporti con tante donne sono autentici, perché germinano e sopravvivono, faticosamente, tutti sulla necessità di trovare alleati per sconfiggere la solitudine, e per farsi amare, il che è lo stesso. Nel disincantato scetticismo Sordi forse recita se stesso: il pragmatismo affettivo lo porta a non stupirsi di nulla, ma anche ad avere grande comprensione verso le debolezze e i bisogni affettivi profondi, propri ed altrui. Con quella carica di seduzione che non si può non avere, per far sentire sempre desiderato l’oggetto dei propri desideri, per non umiliarla mai, ed anzi farla sentire sempre appetita, appetibile e valorizzata.

Splendida è la galleria delle donne: esteticamente (Anita Ekberg e l’altra nordica Bibi Andersson, la Mangano, le giovanissime…), ma, non meno, psicologicamente (Giulietta Masina…).

Ma, in mezzo a un tour de force continuo, anche lui ha bisogno di distacco, di un momento di raccoglimento interiore: la domenica riposa, e non c’è davvero per nessuno, assieme solo al domestico/amico.

Insomma, un prodotto commerciale, per la pruderie che suscita, che invece si eleva a un profondo ritratto di un uomo possibile e reale del ‘900, felice nella finitezza, pur nell’accettazione di tutti i limiti, suoi e del mondo che lo circonda.

 

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