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Sacro GRA

Regia di Gianfranco Rosi vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Sacro GRA

di laulilla
7 stelle

Questo non è un film, non racconta una vicenda, non ha attori, non ha sceneggiatura, eppure non è un documentario classico perché non ha intenti documentali e neppure divulgativi. Che cos’è dunque questo oggetto misterioso?

 

E’ la rappresentazione non convenzionale di una realtà suburbana, quella che circonda la capitale del nostro paese e che si può incontrare quando ci si sposta lungo il famoso GRA, il Grande Raccordo Anulare, l’anello di asfalto che ben conoscono quelli che in auto si dirigono verso Roma da tutte le provenienze.

L’urbanista Nicolò Bassetti (insieme a Sapo Matteucci e Massimo Vitali, fotografo) aveva raccolto per un libro, Progetto Sacro GRA, l’esperienza, durata 20 giorni, del percorso a piedi del raccordo, e di alcune località limitrofe, durante la quale aveva incontrato situazioni e persone normalmente poco visibil.
A questo Progetto Rosi deve l’idea, anche se, come ha precisato egli stesso, per tre anni ha lavorato su quelle tracce, individuando anche altri percorsi e altre storie, che, dopo attente sforbiciate durante il montaggio (Jacopo Quadri), hanno dato vita a questo strano lavoro, non privo di qualche fascino.

Più di un milione di romani vivono, lavorano o si spostano nei pressi del GRA o sul GRA: tra loro il regista ha scelto spesso i casi più strani: il lap dance sui bancone dei bar, il principe insignito – da fantomatici dignitari lituani – dell’ordine cavalleresco, che affitta la sua casa molto kitsch ad attori di fotoromanzi; per non parlare dell’infuocato tramonto romano che mobilita gruppi di donne che vorrebbero vedere la Madonna…

La memoria va a Fellini, ovviamente, ma Rosi non è attratto, come il grande maestro, dagli aspetti buffi e spettacolari del convulso vivere romano, e si sofferma invece pietosamente sulla solitudine e sulla marginalità di alcuni suoi personaggi: le prostitute; il pescatore di anguille; il nobile decaduto; le donne che lamentano le case allagate (mentre il frastuono del raccordo e degli aerei copre le loro voci) e il barelliere della Croce Rossa che con umanità trasporta i malati, ma che ha il cruccio segreto della madre vecchia e inferma, che vive da sola gli ultimi giorni della vita in attesa di vederlo.

 

Esistono poi eserciti di “punteruoli”, insetti colorati e dall’aspetto innocuo, che hanno invece un’ingordigia irrefrenabile nei confronti delle palme, che divorano senza pietà, infierendo crudelmente, persino sulle loro spoglie, per soddisfare l’insana voglia di orge, delle quali un appassionato botanico raccoglie le prove, registrandone i rumori osceni, in attesa di vendicare lo scempio con le micidiali pozioni che egli stesso prepara. L’immagine un po’ pateticamente velleitaria e un po’ buffa di questo vendicatore di palme e umanizzatore di insetti, accompagna con le altre il film nel corso del suo svolgersi, e ne diventa anche la conclusione, svelandone, forse, l’intento metaforico, che rappresentando la vita del GRA, nello scorrere del tempo e delle stagioni, parla di noi, del nostro paese divorato dagli appetiti più famelici e dei poveretti che in piena solitudine affrontano i problemi quotidiani cercando di sopravvivere.

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