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Sapore di te

Regia di Carlo Vanzina vedi scheda film

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La recensione su Sapore di te

di mm40
2 stelle

Il dalmata e il pechinese sono entrambi cani, così come quello di Kubrick e quello dei Vanzina possono essere definiti allo stesso modo 'cinema'; il problema è che in Italia, ancora nel 2014, c'è una significativa percentuale del pubblico che ancora non distingue il pechinese dal dalmata. Fare di tutt'erba un fascio è d'altronde lo scopo essenziale dell'opera degli indegni figli di Steno: perchè fascista è apertamente il messaggio dei loro film: trame grossolane e farcite di imprecisioni, inverosimiglianze e menzogne, personaggi cafoni e arroganti, un arrivismo spietato, un inno all'egocentrismo violento, al culto dell'immagine, all'ignoranza, alla prepotenza, alla parte peggiore del concetto di italianità. Questo Sapore di te non fa assolutamente eccezione e spiace accorgersi del sensibile passo indietro rispetto al precedente Mai stati uniti (2013), commediola sgangherata, ma decente. Qui di decenza non v'è invece traccia: riprendendo gli abusati argomenti fuori tempo massimo di Sapore di mare (il maggior successo dei Vanzina, datato 1983), Carlo il regista e sceneggiatore ed Enrico solo sceneggiatore rimettono - verbo non casuale, anche se in questo caso compete più agli spettatori - in piedi il solito schematico intreccio di amorazzi assortiti con banalità e con una visione realmente ottusa, cioè scarsa, limitata, dell'Italia che pretenderebbero raccontare. Sapore di te è l'ennesimo outing pro-Berlusconi dei Vanzina, nel quale viene salutato con amorevole bonomia il personaggio di un onorevole socialista ladrone e mignottaro degli anni Ottanta; ai contenuti disdicevoli si applica poi una forma sciatta e trasandata, quella che da sempre costituisce il marchio di fabbrica del regista: e come al solito alla fine della visione di un suo film si rimane per alcuni minuti ad agitare il pugno contro lo schermo (piccolo o grande che sia) in preda a una rabbia convulsa per le schifezze agghiaccianti appena sorbite. La miseria in cui versa il Paese del 2014 - qui totalmente ignorata, come è d'altronde ovvio che sia - fa sì che all'operazione siano costretti a prendere parte anche interpreti apprezzabili come Salemme o caratteristi dignitosi come Mattioli, mentre già più a loro agio nel contesto sono la Autieri, Pasotti, la Brilli, Martina Stella e gli altri giovani maldestri che compongono il resto del canino cast. Annotazione a margine: non mancano neppure gli anacronismi, come "televendita" pronunciato nel 1984. Ma in tanto sfacelo divengono perfino un problema ininfluente. 1/10.

Sulla trama

Forte dei marmi, estate 1984 e 1985: ragazzi in cerca di turiste facili per frivole storielle balneari al coro di 'ti amerò per sempre' si accompagnano a genitori fedifraghi e millantatori, nostalgici della perduta gioventù e perciò intenti a ricercare come ossessi la maniera di ottenere un coito sia pure sbrigativo con qualche squinziella di passaggio.

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