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Rocky

Regia di John G. Avildsen vedi scheda film

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La recensione su Rocky

di lamettrie
9 stelle

Un bel film sincero, ben poco trionfalistico, che tratta degli sforzi seri che gli uomini fanno per dare un senso positivo alla loro vita. Il che non è facile, e il film lo mostra. Con i pochi mezzi a disposizione, Rocky cerca di trovare qualcosa di appagante: tramite la boxe, dato che non ha altri mezzi se non il corpo (come ammette in modo commuovente sui propri limiti). Ma anche tramite l’affetto: è un buono, che si spende per gli altri, e che vuole sinceramente bene alla sua fidanzata, che rispetta profondamente. La loro storia d’amore è degna di rilievo: due persone semplici, con i loro limiti, le loro sofferenze pregresse, hanno bisogno di uscire dalla loro solitudine, e il loro semplice amore ricambiato li conforta. La vittoria passa in secondo piano, rispetto ai miglioramenti che reciprocamente si scambiano. La notorietà, improvvisa e fortunata (ma evidentemente non così immeritata), non cambia il protagonista, che resta umile, sapendo che tale notorietà potrà passare in fretta. Solo nella serie successiva ci sarà la decadenza del divismo; ma qui la palestra è presa come palestra di vita, in modo nobilitante.

La sceneggiatura (come è noto, dello stesso Stallone) è molto seria anche perché si conclude con la sconfitta di Rocky, che però ha comunque trovato l’occasione di dimostrare a sé stesso e a chiunque altro l’alto valore che aveva dentro ma che non era mai riuscito a esprimere. La scena più bella è forse quella della pista di pattinaggio: due insicurezze che si sorreggono, per prendere fiducia, per conoscersi, per starsi vicini, lontani dal mondo, che non li ha mai capiti a sufficienza; più che altro lontani dallo sguardo altrui, per il pudore che si rende necessario, nel cercare la propria dimensione in cui si sta bene, e che appunto non è valorizzata abbastanza dallo sguardo “pubblico”.

Il tutto in una dimensione di realismo, di fragilità umana, che è ben estrinsecato dalla squallore della violenza e delle urla quotidiane.

In ultimo, il tema politico. All’America si fa fare una brutta figura, qui. Celebrata come la terra “in cui una grande possibilità non si nega a nessuno”, ma la realtà è evidente: la cornice è quella di una vita quotidiana dura e penosa, ai limiti della ricerca della sopravvivenza economia ed esistenziale, piena di ansie. Soprattutto, la satira antipatriottica a mio avviso è visibile nell’ingresso sul ring di Apollo: è una grande pagliacciata quella di mostrarsi come George Washington, proseguita poi nell’ugualmente farsesco Zio Tom. Il match coincide con una festa nazionale: che non è decoroso lasciar involgarire così. Certo, si era nel ’76: uno dei momenti più bassi del patriottismo a stelle e strisce.

Nel complesso un racconto asciutto, americano nel senso migliore del termine: cioè onesto e non retorico. La colonna sonora è stupenda, come la fotografia. Tutti recitano bene.

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