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Il caso Kerenes

Regia di Calin Peter Netzer vedi scheda film

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Tato88

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La recensione su Il caso Kerenes

di Tato88
8 stelle

I rumors lo vogliono come favorito tra i film presentati finora, e anche Gianna Nannini lo definisce per ben due volte (in apertura e durante i titoli di coda) una Meravigliosa Creatura. Il regista rumeno Calin Peter Netzer se la canta e se la suona, un po’ come Tarantino che autodefinì "Inglorious Basterd" il suo capolavoro, ma possiamo dire che nessuno dei due ha esagerato. Pozitia Copilului forse non sarà un'opera che desta esattamente meraviglia, ma sicuramente risulta degna di figurare tra le prime (ma non la prima, no) opere di questa Meravigliosa Berlinale.
La narrazione procede con accurata meticolosità, mostrandoci una devota madre intenta a studiare un piano per tenere il suo unico figlio fuori di prigione. E lo fa mantenendo sempre un incredibile quanto efficace sangue freddo aspettando solo l'ultima scena per lasciarsi andare alle emozioni. Analizzando a fondo il personaggio, disposto a fare carte false anche con il proprio figlio pur di raggiungere lo scopo, si è portati a interpretare ogni sua singola azione come finalizzata ad un tornaconto personale (il suo amore per il figlio, appunto). Nel lungo pianto finale rimane dunque l'incertezza che sia sincero solo nei contenuti, espressi con una forma studiata e ritenuta conveniente per quella determinata occasione. Il personaggio assume infatti un profondità rara, così come i rapporti con il figlio che emergono durante lo svolgersi della vicenda. 
La regia, proprio come la protagonista del film, vacilla nell'incertezza tra studiata e improvvisata. La costante camera a spalla pedina la madre con lunghi long take e pianisequenza che esplorano a 360° il set - che smette dunque di essere tale - ricordandoci quello che è il primo scopo/effetto di questa nobile forma cinematografica e che forse i virtuosismi visti negli ultimi anni ci avevano fatto dimenticare: far coincidere il tempo della storia con il tempo del racconto, ottenendo dunque il massimo realismo possibile. Lo spettatore ha la possibilità di osservare a lungo gli atteggiamenti e le trattenute emozioni della madre e di conoscerla meglio di quanto avrebbe potuto fare con la presenza di un più mistificante montaggio. Eppure il traballare costante dell'inquadratura sembra nascondere anche una certa noncuranza e approssimazione. C'è infine da chiedersi se le intenzioni (sospette) siano da ritenersi determinanti o se conti solo il risultato finale (ottimo). Io tendo più per la prima.

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