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Lei

Regia di Spike Jonze vedi scheda film

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La recensione su Lei

di mm40
3 stelle

Un uomo si innamora del suo computer.

 

Nella locandina c'è Nigel Mansell, il grande Nigel Mansell con la tuta della Ferrari. Logico aspettarsi un film sulle corse automobilistiche. Invece è il quarto lungometraggio di Spike Jonze, non c'entra nulla con la Formula 1 ed è sicuramente il suo lavoro peggiore fino a questo punto della carriera. Autore - anche in questo caso, in quanto unico sceneggiatore - di storie kafkiane, autoreferenziali, inquietanti, cervellotiche (Il ladro di orchidee, Essere John Malkovich), Jonze decide in Lei di parlare della solitudine egomaniacale dell'uomo contemporaneo, ridotto a merce perfino sul piano dei sentimenti, strumentalizzato da una tecnologia che riesce a sfruttarlo anche come consumatore di emozioni, sesso naturalmente incluso. Theodore è un personaggio più piatto di uno schermo ultramoderno, un protagonista del tutto insapore e incolore se non fosse per la scelta di Joaquin Phoenix come interprete: si può dire? Antipatico. E somiglia terribilmente a Mansell inguainato nella tuta da GP, in quella sciagurata locandina: al di là dell'ironia, una soluzione esteticamente davvero riprovevole. Nell'originale c'era la voce di Scarlett Johansson come 'effetto speciale', in Italia ci rifacciamo con quella - adeguatamente conturbante e prossima all'afonia - di Micaela Ramazzotti; ma i motivi di interesse per la visione terminano con queste parole. Anche perchè Lei dura due ore tonde, nelle quali il ritmo è bolso e la narrazione procede in modo piuttosto prevedibile attraverso sviluppi da fantascienza obsoleta (quante volte è già stato trattato il tema del robot capace di provare sentimenti? e quante altre abbiamo già visto il canovaccio dell'uomo che si innamora del computer?) fino a una conclusione lacrimevole in maniera indisponente, senza una vera necessità. L'Academy ha ritenuto indispensabile l'Oscar per questa sceneggiatura. 3/10.

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