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After Earth

Regia di M. Night Shyamalan vedi scheda film

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La recensione su After Earth

di scandoniano
2 stelle

In un futuro remoto, gli umani sono costretti a scappare via dal pianeta terra a causa delle sue condizioni ed alloggiare sul pianeta Nova Prime, dove però gli alieni assoldano gli Ursa, infallibili predatori che seguono i feromoni sprigionati dalla paura, che rendono agli umani la vita difficilissima. Il capitano Cypher ed il figlio, l’aspirante ranger Kitai, in seguito ad un incidente finiscono nuovamente sul pianeta terra, dove i predatori si sono ulteriormente evoluti. Inoltre Cypher è immobilizzato per via di una frattura e il compito di portarli in salvo tocca al giovane Kitai…

È già da qualche tempo che l’accoppiata Will e Jaden Smith imperversa sugli schermi provando a sconvolgere le masse di appassionati del genere fantascientifico, mostrandoci personaggi potenzialmente mitoogici, ma nella sostanza fasulli ed al limite del ridicolo. In questo “After earth” il trend rimane lo stesso: l’ex principe di Bel Air a tirare le fila e il giovane delfino, non si sa se più presuntuoso o più incapace, a provare ad ereditarne le fortune artistiche. Fatto sta che, vuoi il background del primo, vuoi l’inettitudine alla recitazione del secondo, ne vengono quasi sempre fuori situazioni dalla scarsissima credibilità e dalla qualità decisamente carente. L’unica nota positiva del film è l’aderenza del rapporto tra i protagonisti e attori: sia nel film che nella vita reale il padre vuole lanciare il figlio nel firmamento, nonostante la comprovata incapacità di quest’ultimo. Will e Jaden dunque, soprattutto allorquando insieme, non rappresentano certamente un buon biglietto da visita, ma se poi a dirigerli c’è il derelitto Shayamalan, decaduto come un monarca in uno stato repubblicano, gli esiti sono ancora più nefasti. In tal senso, la domanda più inquietante che viene alla mente durante la visione è: che fine ha fatto Shyamalan? Se quello che dirige “After Earth” è proprio lui, cioè quello del flashaback che ha sconvolto la storia del cinema con “The sixth sense”, o che ha commosso ed emozionato con l’intelligente e delicato “Unbreakable. Il predestinato” o che ha sorpreso con il singolare “The village” occorre prendere atto che la sua vena artistica ha decisamente collassato, finendo per passare da genio ebbro di originalità ed inventiva a onesto mestierante prostrato alla mercè del dio danaro e nulla più. Non si spiega altrimenti la continua pervicacia (anche sado-masochistica per certi versi) che ha spinto il talentuoso regista indiano ad abbracciare con grande continuità, nonostante i continui insuccessi, un genere che non gli si addice per niente come la fantascienza. Dopo “E venne il giorno” e soprattutto “L’ultimo dominatore dell’aria”,  Shayamalan chiude al sua “trilogia delle ciofeche”, confermando la validità del proverbio “non c’è due senza tre”. I seguaci del regista sperano che il nostro non riesca a “spettrare” (ossia, in gergo “si faccia prendere dalla paura”) e torni al thriller, territorio in cui ha decisamente fatto scuola negli anni precedenti (e che anche in un film come questo, tendenzialmente fantascientifico, non disdegna qualche spunto decisamente interessante).

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