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Cani sciolti

Regia di Baltasar Kormákur vedi scheda film

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La recensione su Cani sciolti

di FilmTv Rivista
8 stelle

Due pistole. Il titolo americano (2 Guns) non lascia adito a dubbi, quello italiano evoca militanze extraparlamentari settantesche. Uno sbirro infiltrato (Washington) e un militare in missione speciale (Wahlberg) prima uniscono i loro sforzi poi si separano e infine si ritrovano per saldare il conto a un bel po’ di brutti ceffi: narcotraficantes, CIA, militari corrotti e varia umanità assortita. Baltasar Kormákur ritrova Wahlberg dopo l’interessante Contraband e confeziona un western di vaghissima discendenza peckinpahiana. Certo il grande Sam (o Walter Hill) avrebbero tratto ben altro sangue da una vicenda di maschere, tradimenti, violenza e politica. L’islandese trapiantato a Hollywood, adattando per lo schermo il graphic novel di Steven Grant e Mateus Santolouco, opta per una chiave ironica, enfatizzando gli elementi da buddy movie e facendo leva sull’alchimia, davvero notevole, fra i due protagonisti. Se Washington, probabilmente la star più sottovalutata di sempre, è eccellente nel suo distillare stile con straordinaria nonchalance, Wahlberg eccelle nell’autoironia, prestandosi quasi a fare da spalla al collega. Come una jam session rock blues nella quale gli ZZ Top incrociano le chitarre con gli Outlaws, Cani sciolti tocca tutte le corde giuste che ogni amante del cinema americano che si rispetti conosce a menadito ma non può fare a meno di continuare ad amare. Detto questo è ovvio: i cliché e i déjà vu fanno parte del gioco. Kormákur, però, non esagera con citazioni e strizzate d’occhio. Restando rispettosamente all’interno del recinto del genere, permette ai personaggi di ritagliarsi un’umanità credibile anche quando il volume di fuoco raggiunge livelli di guardia. Western post-post-moderno, Cani sciolti piange la frontiera ma tiene il passo con la Hollywood odierna. La contraddizione, inevitabile, è tutta qui. La fotografia di Oliver Wood lavora molto bene gialli e ocra, saturando l’immagine come si conviene a ogni film ambientato a sud di Nogales, mentre il montaggio di Michael Tronick resta sempre intellegibile anche nei momenti concitati. Per gli appassionati di facce patibolari, si segnala l’immarcescibile Fred Ward, il sempre eccellente Bill Paxton, Edward James Olmos al quale ormai basta la sola presenza, e Robert John Burke.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 43 del 2013

Autore: Giona A. Nazzaro

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