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Moss

Regia di Woo-Suk Kang vedi scheda film

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La recensione su Moss

di pazuzu
8 stelle

Quando una voce al telefono lo avverte della morte del padre, Ryu Hae-guk accorre al suo capezzale, ma senza mostrare tristezza o risentimento per chi nel 1978 aveva deciso su due piedi di abbandonare lui e sua madre per ritirarsi in solitudine e meditare sui peccati commessi durante la guerra in Vietnam: divenuto il predicatore della Casa di Preghiera di Sam-deok ma finito ingiustamente in gattabuia, accusato dall'avido direttore di intascarsi i soldi delle offerte dei fedeli, impiegò poco per dimostrare a Cheon Yong-deok, detective traffichino e dai modi spicci e maneschi, la genuinità delle doti che metteva in campo per motivare il prossimo alla rettitudine; esaltato dal magnetismo che i suoi sguardi ed i suoi motti a base di perdono e autocoscienza sapevano generare nel prossimo, l'agente decise di proporgli di collaborare con lui per fare da leader spirituale ad una nuova comunità da costituire insieme e da destinare ad accogliere avanzi di galera in cerca di una nuova possibilità.
Ad oltre trent'anni di distanza, la visita di quel figlio di cui quasi nessuno era a conoscenza giunge inattesa nel villaggio Minsung: sorpresi dal fatto stesso che sia venuto a conoscenza del decesso, i pochi abitanti del luogo non riescono a nascondere dietro goffi sorrisi di facciata il disagio per la sua presenza né l'ansia di vederlo presto di nuovo lontano, e gli riservano un'accoglienza gelida che desta in lui dei sospetti. Così, con nessuna donna e nessun lavoro ad aspettarlo a Seul, e come unico contatto attivo un procuratore che lo detesta e da tempo vuole metterlo dentro, Ryu decide di fermarsi anche oltre il funerale, occupando la casa che fu del padre e da lì cercando di far luce sui misteri di quel luogo che pare sospeso nel tempo, organizzato come una sorta di feudo e sovrastato dall'abitazione del suo anziano ed indiscusso capo, l'ormai ex detective Cheon.

Sceneggiato da Chung Ji-woo partendo dall'omonimo manhwa diffuso da Yoon Tae-ho attraverso il web, Moss è il diciottesimo film di Kang Woo-suk, regista tra gli altri del poliziesco Public Enemy e dei suoi due seguiti, oltre che del testosteronico Silmido, che nel 2003 abbattè ogni record d'incassi in patria portando alla ribalta un sanguinoso rimosso di stato.
Interamente giocato tra presente e passato, con frequenti flashback deputati a dosare informazioni preziose per la comprensione delle dinamiche che governano la convivenza nel villaggio, Moss svela subito parte dei suoi segreti fornendo allo spettatore una parziale illusione di controllo ma introducendo al contempo interrogativi dei quali differisce la risposta (e talvolta la omette), costruisce la tensione lavorando sui particolari, senza mancare di alleggerire il carico dei suoi 163 minuti favorendo qua e là qualche sorriso spaesato, ed impone di pari passo passo una riflessione sulla labilità del confine tra i concetti di bontà e cattiveria.
Ottimamente interpretato da Jeong Jae-yeong (lo spassoso aspirante suicida nello splendido Castaway on the Moon), che passa dal Cheon giovane - violento e manipolatore - a quello invecchiato - più riflessivo ma non meno perfido e calcolatore - senza perdere un grammo di credibilità (merito anche dell'ottimo lavoro sul trucco), Moss trae linfa dal rapporto conflittuale tra l'impulsivo ed improvvisato indagatore protagonista (Park Hae-il, già visto in Host e Memories of Murder di Bong Joon-ho) e il procuratore Park Min-wook (l'ottimo Yu Jun-sang), retrocesso dalla città alla campagna per colpa sua ed ora chiamato in soccorso, oltre che - soprattutto - dall'ambiguità che contraddistingue gli abitanti del villaggio, dal controverso Ryu Mok-hyeon (un Heo Joon-ho invero fin troppo trattenuto), l'asceta attorno alla cui morte tutto ruota, passando per i tre singolari tirapiedi di cui Cheon si circonda (uno scemo e due assassini riabilitati), fino alla bella Lee Young-ji (che ha il fascino malinconico di Yoo Sun), intimamente desiderosa di riscatto dopo una vita passata a incassare.
Gran successo in Corea del Sud ma inedito in Italia, Moss è un solido thriller psicologico d'ambientazione rurale che parla di colpa, redenzione, corruzione, omertà e controllo, che si prende tempi forse un po' troppo lunghi (qualche taglio qua e là avrebbe garantito una maggiore fluidità), ma che vale la visione per l'atmosfera di inquietudine e sospensione da cui si fa percorrere fino ad un finale tutto sommato convincente. Consigliato.

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