Regia di Nicolas Bary vedi scheda film
Fa sorridere il pensiero che, per trasporre sullo schermo le gesta del più celebre capro espiatorio letterario, il Malaussène creato da Daniel Pennac, ci fosse bisogno di un vero capro: un regista da immolare, pronto a essere subissato dalle lamentele inevitabili di migliaia di accaniti fan. C’è puzza di capro, per dirla con Pennac, intorno all’opera seconda del giovane e misconosciuto Nicolas Bary e intorno all’altrettanto insipido Raphaël Personnaz, chiamato a indossare gli scomodi panni di Benjamin Malaussène, che di mestiere si fa umiliare dal capo davanti ai clienti scontenti di un centro commerciale, in modo da spingerli a non chiedere i danni. E che, quando nel suddetto centro iniziano a esplodere ordigni, si ritrova nel mirino della polizia, costretto a scrollarsi di dosso le colpe che gli si appiccicano, numerose e chiassose come la sua variopinta tribù di fratellastri. Bary si gioca la carta più usata dal cinema francese che non sa che pesci pigliare: quella di Jean-Pierre Jeunet e della sua abusata estetica cartoonesca, che inevitabilmente appiattisce la vena noir e sensuale dell’originale letterario verso un più rassicurante prodotto (Personnaz e Bérénice Bejo hanno poco della furia erotica di Ben e “zia” Julia), ma a tratti sposa allegramente la prosa iperbolica di Pennac (abbiamo sempre pensato che l’unica via per adattare la saga di Malaussène fosse un’animazione “adulta”, alla Sylvain Chomet). E azzecca almeno due incarnazioni: lo Stojilkovic di Emir Kusturica e l’appuntita regina Zabo di Isabelle Huppert.
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