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The Host

Regia di Andrew Niccol vedi scheda film

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La recensione su The Host

di supadany
4 stelle

Con “The host” abbiamo una nuova vittima, e questa volta a suo modo illustre, generata da un testo “young adult” trasportato al cinema.

Si tratta di Andrew Niccol (scoperto con “Gattaca”, 1997) che si perde in una storia che pur presenta caratteristiche identitarie che ben si prestano al suo cinema migliore, ma che finiscono annacquate, e pure pesantamente, da derive inconsistenti che il regista non riesce a gestire/arginare.

Gran parte degli esseri umani sono ormai posseduti da una razza aliena, i sopravvissuti sono sempre meno, ed è arrivata l’ora anche per Melanie (Saoirse Ronan), ma la sua coscienza è così forte da non abbandonare il suo ex corpo anche dopo l’impianto alieno.

Convincerà l’entità a fuggire prima che la Cercatrice (Diane Kruger) la elimini definitivamente e portandola a contatto con un piccolo gruppo di umani ribelli le farà capire l’essenza umana.

 

Diane Kruger

The Host (2013): Diane Kruger

 

La pellicola non partirebbe nemmeno così male (lo scenario futuristico con la civiltà umana a serio rischio fa sempre il suo effetto), ma poi si spegne presto, cominciando a sbandare soprattutto quando la componente sentimentale, e questo accade più volte, prende il sopravvento su quella fantascientifica (non sufficientemente sospinta).

Ma è un po’ tutta la struttura ad apparire deficitaria e se le fasi romantiche, con un triangolo anomalo, non appassionano affatto, i dialoghi interiori di Melanie divengono presto sfiancanti, alcuni comportamenti alieni sono difficili da recepire (a partire dallo strano concetto di armonia che li sprona), così come altre azioni sono ardue da comprendere (ad esempio l’eccesso di velocità dei ribelli che li fa trovare).

Solo sul finale qualcosa si smuove, finalmente un po’ di pathos riesce a venire a galla, tra (l’inevitabile) amore giovane, sacrificio (che sarà ricompensato), ritorni alla vita (a sorpresa) ed una nuova speranza per l’umanità che lascia (ovviamente) presagire l’idea di un sequel che però dopo l’accoglienza di questo film difficile verrà portato a compimento.

In definitiva, poteva essere un felice connubio tra alto e basso, tra una visione adulta ed una adolescenziale, ma ad Andrew Niccol non è riuscito il (complicato) mix, sbilanciando il prodotto su componenti più consumistiche senza riuscire a trasmettere la cura e l’attenzione che quasi sempre contraddistinguono le sue opere (anche quelle non proprio riuscite al 100%).

Un pasticcio (anche bello grosso).

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