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Quartet

Regia di Dustin Hoffman vedi scheda film

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La recensione su Quartet

di giancarlo visitilli
6 stelle

Dalla botte vecchia… il vino non può che essere stagionato. A settantacinque anni, dopo una carriera da attore, tra le più importanti e ricche della storia del cinema, un uomo come Dustin Hoffman, al suo esordio come regista, ce lo saremmo aspettato almeno in un cameo del suo bel film. Neanche questo. Perché la sobrietà, l’eleganza e la garbatezza che lo hanno da sempre caratterizzato come attore, sono le stesse caratteristiche del suo bel film. Una sceneggiatura tratta da una piéce teatrale di Ronald Harwood, che possiede già in sé tutti gli ingredienti della commedia all'inglese, con una serie di battute eclatanti, accanto alla bravura degli attori, fanno di Quartet un film utile, bello e di quelli che non si scordano. Perché si tratta di storie che, almeno una volta nella vita di ognuno, accadono. Con il passare degli anni.

Infatti, la storia è quella di quattro ex cantanti lirici che si ritrovano in una casa di riposo per soli musicisti (ispirata a quella vera Giuseppe Verdi di Milano). Tra di loro ci sono storie, amori e delusioni passati. Nonostante tutto, la musica continua ad unirli e, davanti all'incedere del tempo, si tenta in tutti i modi di mettere da parte ogni astio.

E’ evidente come Quartet sia innanzitutto un omaggio di Dustin Hoffman alla musica che lui ama, l’unica capace, anche dinanzi all’incedere del tempo, di offrire la voglia di vivere e di provare nuove emozioni, che non hanno età.

Si tratta di un film moderato con brio, per dirlo con le parole della musica, di impianto classico. Hoffman ci si presenta come un regista appassionato, divertito del lavoro con e sugli attori, tutti in magistrale forma e senza e. Sebbene, ci sono alcuni fra di essi che risultano davvero in stato di grazia: su tutti Bill Connelly, insieme a Maggie Smith.

Sorprende l’idea che alla fine lascia allo spettatore questo film: la vecchiaia non è roba per femminucce. Tutto quello che avremmo voluto essere, durante o quasi alla fine di un percorso, non è importante che gli altri lo conoscano o ne vengano a conoscenza. Stupendo il finale del film, per la mancanza di un’esibizione a cui, per novantotto minuti il regista ci prepara, mostrandoci solo l’inizio di un probabile nuovo concerto. Dettato dalle note della vita…

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