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Il mondo di Arthur Newman

Regia di Dante Ariola vedi scheda film

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La recensione su Il mondo di Arthur Newman

di FilmTv Rivista
4 stelle

«Per paura di restare solo/ fai così tante cose/ che non sono affatto da te». Così recitano i versi di Richard Brautigan che Colin Firth legge fugacemente in una scena di Arthur Newman: compendio didascalico di un film che fa del camuffamento uno stato esistenziale. Il fu Wallace Avery, impiegato incolore e fallito nelle categorie padre, marito, amante e giocatore di golf, butta nell’oceano la sua identità, si finge morto e si reincarna nelle polo pastello dell’eponimo Arthur. Sulla strada fra la Florida e l’Indiana s’imbatte in Mikaela detta Mike: pure lei ha fatto carte (d’identità) false per non essere se stessa, così il road movie l’accoglie sul sedile del passeggero. Lui, mite e impacciato, trova in lei, brunetta scatenata, qualcosa di travolgente, ma l’amore lo fanno solo (tra)vestiti, impersonando i padroni di case momentaneamente vuote. I britannici Firth ed Emily Blunt si calano, non per la prima volta, in panni yankee, e singolarmente ce la mettono tutta per dare credibilità a personaggi maldestramente sceneggiati: quel che non funziona affatto è la chimica fra i due, protagonisti di scene erotiche tra il serio e il faceto e di una ripetitiva sequela di abbandoni e riconquiste. Ci si appassionerebbe quasi di più a chi è rimasto a casa, al legame imprevisto fra l’amante abbandonata di Wallace e il di lui figlioletto che riscopre il padre tramite l’assenza, se non fosse solo una sottotrama di riempimento. E alla fine, dopo la trasgressiva corsa, la morale familista è dietro l’angolo.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 36 del 2013

Autore: Ilaria Feole

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