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Tutti pazzi per Rose

Regia di Régis Roinsard vedi scheda film

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La recensione su Tutti pazzi per Rose

di alan smithee
6 stelle

Confezione rosa confetto in presenza di un gran assortimento di colori garbati ma sfavillanti nella commedia francese tutta pastello e ricostruzione di un mondo da cartolina che inevitabilmente ci piace ricordare così; con nostalgia e sentimento, con al centro dell'attenzione gli attrezzi ormai desueti che all'epoca facevano la differenza, oggetti che tuttavia spesso trovano ancora spazio nelle nostre cantine o anche in bella mostra su scaffali o in vetrine inevitabilmente impolverate, come reliquie di un tempo che ci sembra sempre innocente e pudico rispetto alla cruda realtà cinica e spietata del vivere quotidiano.
"Populaire", questo l'appropriato titolo francese (depistato dal fuorviante ed inutile adattamento italiano, titolo quanto mai insulso ed ironicamente "incolore") è stato un buon successo di critica e pubblico nel paese d'oltralpe, e l'occasione di vedere impegnato il divo di gran classe Romain Duris in una commedia vintage dal sapore retrò e ancor più surreale, quasi un trampolino di lancio per il successivo (e ben più complesso e valido) ed altrettanto colorato e sgargiante (ma più sconsideratamente futuristico e baracconesco) ultimo Michael Gondry di Mood Indigo, di poco tempo successivo per produzione ed uscita nel mercato francese.
Un film leggero che nasconde neanche troppo a fondo un discorso ben più serio di quanto possa apparire a prima vista, nel raffigurare l'aspirazione crescente della donna di fine anni '50 di distrarsi dal suo destino segnato ed ineludibile, forse rassicurante ma così piattamente pianificato di madre di famiglia in un paesino come tanti, moglie bella e servizievole del meccanico benestante del piccolo centro, a scodellare cibo e figli per la gloria e il buon nome delle proprie origini.
Il sogno di diventare una segretaria in quegli anni era la massima aspirazione della donna evoluta, quello stesso incarico che oggi la donna ripudia quando può in nome di  un percorso di carriera che la vede sbaragliare alla grande quel sesso fino a pochi decenni prima decisamente dominante.
Certo poi il film sceglie la via più facile nel concentrarsi in tutto il suo svolgersi in quella estenuante e molto puerile preparazione alla gara di dattilografia, con le sue alterne fortune, gioie e dolori, con l'impegno che vince tutti quegli ostacoli fino a poco tempo prima ritenuti insormontabili.
E se l'impressione iniziale di vedere una versione edulcorata e femminile de "Il posto" di Olmi ci dava un senso di sicurezza, pur restando anni luce (ma non avendo neanche, ad onore del vero, nessuna ambizione di emulazione al riguardo) dal capolavoro del grande maestro italiano, poi la commedia scivola in una soluzione più facile che non sempre regge una certa pesantezza e ripetizione di situazioni, tendenti a rendere il prodotto certo gradevole, ma un pò troppo zuccheroso per non risultare a tratti stucchevole, come un giochino fine a se stesso che va un po' troppo per le lunghe.

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