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Moonrise Kingdom - Una fuga d'amore

Regia di Wes Anderson vedi scheda film

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La recensione su Moonrise Kingdom - Una fuga d'amore

di alan smithee
8 stelle

CANNES 2012 - CONCORSO
Il 65° Festival di Cannes non poteva aprire in modo piu' autoriale, ma al tempo stesso delicato e divertente se non con l'ultima bizzarra opera partorita dal genio di Wes Anderson, anche stavolta come per "Darjeeling", con la collaborazione di Roman Coppola. Un regista unico questo Anderson, un vero autore, se ha la rara capacita' di dimostrare ogni volta uno stile inconfondibile come il piu' puro e genuino dei marchi di fabbrica, un segno distintivo che riesce ad individuarlo senza che sia una necessaria alcuna presentazione. Un regista che ama i suoi personaggi, piccoli o grandi individui insicuri, incapaci di omologarsi ad una vita troppo sterilmente programmata che spesso li deride e si prende gioco di loro o semplicemente li snobba e li ridicolizza: proprio loro che dimostrano alla fine una umanita', una tenerezza, una capacita' di sentimento che rende tutti gli altri, quelli che si ritengono normali e realizzati, degli alieni.
Questa volta siamo nel 1965 nel New England, in un pittoresco parco naturale da orso Yoghi che accoglie, fra gli altri, un campo di scouts con le loro gerarchie e i loro tutori. Tra i bambini figura pure l'orfano occhialuto, solo e apparentemente impacciato Sam, che dall'anno prima e' innamorato, pure ricambiato, della coetanea Suzy, che vive con gli strambi ed apprensivi genitori assieme ai tre fratellini maschi in una grande casa poco distante. Con la scaltrezza che la tattica da sopravvivenza che gli e' stata insegnata nelle estati precedenti ai campi che ha frequentato, il bambino organizza un ingegnoso piano per incontrare la sua amica, contrassegnato dalle coordinate ove oncontrarsi: i due ragazzini finiranno nei pressi di una magnifica spiaggia che chiameranno proprio col titolo sognante del film. La fuga mette in moto i genitori ansiosi della bambina, i burocratici ed inflessibili servizi sociali per l'orfano, nonche' tutta la gerarchia del campo scouts e persino un umanissimo e timido sceriffo miope che ha le sembianze di un piacevolmente ritrovato ed insolito Bruce Willis. Anderson orchestra la sua vicenda sempre sul confine tra la farsa e la tenerezza dei sentimenti inespressi o difficili da manifestare, un po' perche' si e' troppo giovani, un po' perche' si e' troppo timidi, un po' perche' la vita non ci ha permesso di organizzarci come si avrebbe voluto. Il film, accompagnato dalla magnifica "Le temps de l'amour" di Francoise Hardy, suonata da un giradischi affondato nella sabbia dell'incantevole baia dell'iddillio, sfiora piu' volte la situazione comica con episodi irresistibili, per poi stupirci con la tenerezza di due attori sconosciuti che proprio per questo ci meravigliano con la freschezza dell'eta' che stanno vivendo. E' insomma una pellicola che, come le altre geniali dello straordinario regista, non mira alla risata grassa e sfrenata, ma al sorriso intelligente e contenuto, che nasconde il lato amaro del sopruso e della cattiveria a cui le anime semplici (e vere) sono sempre soggette. Per fortuna la prepotenza della natura ristabilisce l'ordine nel disordine, e i nuovi amori e le nuove famiglie avranno il tempo di vivere il loro film piu' importante.

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