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The Wedding Party – Un matrimonio con sorpresa

Regia di Leslye Headland vedi scheda film

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La recensione su The Wedding Party – Un matrimonio con sorpresa

di M Valdemar
4 stelle

Sceme (e cosce) da un matrimonio.

Ci risiamo: scemenze assortite all’ennesimo scemo osceno moscio matrimonio. Evidentemente non si è ancora giunti al punto di rottura, se continuano a produrre in catena di montaggio film a tema.
Le solite pretenziosità da finto politicamente scorretto finto irriverente finto maleducato vomitano fuori la più classica delle (noiose) peripezie tragicomiche pre-durantum-post cerimonia nuziale delle quali l’industria cinematografica hollywoodiana (ma non solo) sembra non possa fare a meno.
Ma cos’altro ci sarà mai da aggiungere al super inflazionato argomento?
Niente, a guardare The Wedding Party (il titolo originale sarebbe Bachelorette: ennesima scemenza italiana). Che domanda.
L'arduo mestiere delle damigelle d’onore, con tutti i risvolti che la questione fa naturalmente sgorgare (vecchi e nuovi rancori; ricordi belli e brutti; l’amicizia/rivalità femminile; l’addio al nubilato; droga sesso & alcool; cattiverie, sotterfugi, imbarazzi, intrallazzi, rivelazioni, sentimenti) era già stata affrontata con maggior successo (e brillantezza di scrittura) ne Le amiche della sposa.
Nell'opera in oggetto il ruolo lì occupato dalla bravissima Kristen Wiig viene ricoperto da Kirsten Dunst, la quale s’affanna a fare del suo meglio (soprattutto nelle sfumature più impegnate) ma che nulla può con un copione scritto coi piedi. Oltretutto, l’immagine di lei associata a un matrimonio evoca immediatamente Melancholia: passare nel giro di pochissimo tempo da Lars Von Trier a tale Leslie Headland non dev’essere affatto facile. Ha tutta la comprensione di questo mondo (prima che venga distrutto dall’ostile pianeta, ma certe commedie paiono dare una grossa mano).
Il meccanismo, ormai brevettato e us(ur)ato anche nelle peggiori telenovele di Caracas, è sempre quello: qualcuno fa una cazzata - gli altri cercando di rimediare ne fanno altre - nel mentre ne succedono di ogni - il conto alla rovescia scatena il finimondo - si rimette tutto a posto.
Il difetto peggiore, oltre all’assoluta e deliberata mancanza di originalità ed inventiva, è nel non aver saputo dare minimamente definizione e spessore alle protagoniste (per non parlare degli anonimi comprimari maschi), per cui alla fine (cioè fin dall’inizio, ma si spera sempre che il registro cambi) non si è portati a provare nessuna simpatia né interesse alcuno.
Sono solo tre sgallettate stordite svampite, poco credibili ed anzi un tantino detestabili (se non fosse per le loro cosce).
I tentativi di conferire una qualche riflessione sul mondo femminile (bulimia; scarsa autostima; fragilità che porta ad abusi d’ogni sorta) sono puerili e buttati a casaccio nel marasma generale di un susseguirsi di trovate comiche che di comico hanno veramente poco. Già, come non bastasse, latita finanche il divertimento, stipato alla rinfusa tra gag tossiche (anche se poi non si vede niente), sessuali (anche se poi non si vede niente) e triviali (al massimo un innocuo fasullo vomitino).
Tra i pregi, almeno, vi è la durata: un’ora e mezza scarsa, e via all'orinatotio-dimenticatoio.
Le tre interpreti principali (la Dunst, Isla Fisher e Lizzy Caplan), cui fa da robusto contraltare la sposa “faccia di maiale” (Rebel Wilson, un’habituè del genere: nel curriculum anche il sopra citato Le amiche della sposa e Tre uomini e una pecora), pur essendo alle prese con modesti personaggi-macchietta, almeno danno con la loro gradevole presenza un po’ di vitalità e freschezza ad un film nato morto (e quindi già fetido). La migliore risulta la mora Caplan, già notevole nella serie True Blood, la quale dà prova di possedere un potenziale discreto talento versatile oltre ad essere innegabilmente una torbida  bellezza.








 

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