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Blind

Regia di Sang-hoon Ahn vedi scheda film

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La recensione su Blind

di Decks
8 stelle

Si nota dopo poco che il primo film di Sang-Hoon non conferirà nulla di originale al thriller. Vi sono i soliti luoghi comuni, medesimi personaggi e neppure l'idea basata sull'handicap fisico della cecità è nuova. Il regista segue le regole del genere minuziosamente dimostrando come il cinema orientale riesca, grazie ad una bravura tecnica ineccepibile e qualche scena più anticonformista, a rendere un film scontato ottimo alla visione.

E' quella regia così scaltra, svelta e ricolma di tensione, che da sola è capace di conquistare il pubblico dopo pochi minuti, il vero punto di forza del lungometraggio. Vi è un accuratezza così elevata, che sono troppe le scene da elencare che rimangono impresse nella mente dello spettatore. Il drammatico inizio, gli svariati inseguimenti (su tutti quello in metropolitana), gli ambienti circostanti che la protagonista si immagina e tante altre. Non solo essa ci guida lentamente in un vortice di suspance, ma riesce a dirigere con abilità degli attori alle prime armi, intorno ad una storia, con poco spessore, ma che cattura per la sua semplicità e per le emozioni che riesce a trasmettere. Un ringraziamento va anche alle colonne sonore e alle scenografie. Esse riescono a trasmettere le giuste sensazioni, con un crescendo nelle musiche durante i momenti più tragici e una Seoul scura, ricolma di vicoli, ma vuota di esseri viventi e poco rassicurante, ma che nel giorno procede tranquilla tra palazzi, tecnologia avanzata e traffico.

E' Seoul difatti che viene metaforizzata come l'auto dell'antagonista. Lussuosa e confortevole a un primo sguardo, ma essa cela oscuri misteri, tanto che trasformano tutte le comodità in elementi di un'atmosfera claustrofobica e inquietante. Come lo stesso antagonista, ginecologo specializzato anche in aborti, partecipe tutti i giorni di morte, e visite a quell'organo genitale così bramato. Elementi riscontrabili nei suoi crimini, fatti di stupri e violente uccisioni, con l'uso degli stessi strumenti da lavoro. Un doppio lavoro di cui uno sarà volto al benessere e l'altro al sadismo, che troverà in contrapposizione persone degne di poca fiducia e raccomandabilità. Un teppista, un poliziotto incompetente e una cieca. Ma saranno proprio loro a smascherare il mostro e a sconfiggerlo con arguzia e soprattutto (nel caso della protagonista) usando il proprio handicap a suo vantaggio, in un ultimo scontro drastico e brutale.

Bisogna ammettere però che proprio quest'ultimo conflitto si dilunga troppo, come se si tentasse invano di allungare un racconto già a corto di possibili sviluppi, volto a dare maggiore spettacolarizzazione al prodotto. Per fortuna è l'unico momento in cui le scene action sono tediose, perchè nelle altre vi è solo delizia per gli occhi e per i battiti cardiaci. Al contrario, probabilmente a causa delle sceneggiature che sono banali e ricolme di cliché, le scene dialogate soffrono di un calo di ritmo molto intenso, soprattutto quando non vi è nei paraggi l'aura e lo sguardo dell'assassino che offre quella perfetta miscela di pathos e violenza tipica di questo lungometraggio.

E' comunque un lavoro ottimo, che non discostandosi dalle solite trame poliziesche riesce con delle inquadrature ineccepibili a compiere un vero miracolo, mostrando come sia possibile fare buone pellicole anche con intrecci visti e rivisti.

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