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Il mostro di Firenze

Regia di Cesare Ferrario vedi scheda film

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La recensione su Il mostro di Firenze

di maso
6 stelle

Il primo film che affronta in maniera diretta il caso del Mostro di Firenze fu erroneamente scambiato per un horror realizzato con l'intenzione di fare cassa e speculare senza scrupoli sulle vite di quei giovani morti in maniera così assurda e violenta, in realtà ai miei occhi è ben chiaro che l'intenzione di Ferrario fosse quella di mettere in immagini ciò che avvenne in quelle tremende notti di novilunio e dalla analisi dettagliata degli omicidi poter tracciare una ipotesi sulle caratteristiche psichiche dell'omicida contribuendo per quanto possibile ad avvicinare gli inquirenti alla soluzione del mistero proprio perchè in quel periodo gli investigatori brancolavano nel buio e la pista dei "Compagni di merende" non era stata neppure concepita.

Il film venne realizzato solo un anno dopo quello che sarebbe passato agli annali come l'ultimo omicidio del mostro avvenuto in una piazzuola agli Scopeti, ma al tempo che sarebbe stato l'ultimo duplice omicidio non lo si poteva ne sapere ne sperare ed è anche per questo che i famigliari delle vittime si opposero categoricamente che venissero mostrate le ricostruzioni degli omicidi dei loro figli ed il film fu mutilato proprio come quei ragazzi, io che ho analizzato il caso in maniera molto approfondita ho notato come di quel materiale scartato per obblighi legali siano sopravvissuti alcuni frammenti inseriti nelle sequenze in cui le azioni del mostro sono raffigurate genericamente senza data di riferimento, ad esempio si nota una ragazza che fugge urlando terrorizzata mentre l'assassino la insegue sparandole alle spalle, questa dinamica è riconducibile all'assassinio di Carmela Di Nuccio e Giovanni Faggi, il terzo in ordine cronologico mentre in un'altra sequenza si intravede il finestrino di una Panda celeste che va in frantumi sicuramente in riferimento all'omicidio di Pia Rontini e Claudio Stefanacci avvenuto nel 1984, gli unici omicidi ricostruiti per filo e per segno come nei referti delle forze dell'ordine sono proprio quello degli Scopeti che apre il film, in cui le vittime furono due ragazzi francesi e il primo in ordine di tempo avvenuto nel 1968 a Lastra Signa, è chiaro il motivo per cui questi due omicidi vennero montati interamente: essendo i due ragazzi uccisi agli Scopeti stranieri non ci fu opposizione dei famigliari mentre l'omicidio di Barbara Locci e Antonio Lo Bianco era troppo lontano nel tempo ed era stato anche dibattuto in tribunale con relativa condanna del marito della Locci, l'operaio sardo Stefano Mele.

L'analisi sulle sequenze da me descritte avvalora ulteriormente la mia convinzione che le intenzioni di Ferrario fossero tutt'altro che lucrative, non ci sono effetti splatter per suscitare l'orrore gratuito dello spettatore, sono invece tecnicamente perfette e filmate ottimamente, aderenti alle analisi criminologiche degli inquirenti senza macabri effetti scenografici.

Sulla base di queste ricostruzioni si sviluppa il film che segue l'indagine personale del giornalista interpretato con apprezzabile sensibilità da Leonard Mann, non è difficile ricondurre questa figura a quella di Mario Spezi, l'autore del libro omonimo da cui il film trae ispirazione che con passione ha dedicato gran parte della sua carriera a questo caso; partendo proprio dal luogo dove è avvenuto l'omicidio dei francesi Andreas Ackerman cerca di analizzare i fatti e tracciare il profilo psicologico dell'assassino che prende forma nel secondo tempo, l'immagine che Ferrario ci consegna è quella di un ragazzo neanche trentenne che ha subito un trauma infantile ed ha delle turbe di carattere sessuale che lo portano a compiere le sue azioni omicidiarie, logicamente il film ha una conclusione immaginaria che nella realtà si configurerà in maniera totalmente diversa solo molti anni dopo.

Il film vale soprattutto per le ricostruzioni, Ferrario le realizza con passione e senza compiacimento riesce a scatenare la paura nello spettatore descrivendo al meglio la situazione vissuta da una vittima del mostro, pecca invece dal punto di vista strutturale denotando uno spaccatura abbastanza marcata fra il primo ed il secondo tempo e risente comunque di quella mezzora di materiale omessa per non far torto ai parenti delle vittime.

Il cast non è eccelso ma neanche da buttare con un elogio speciale ad Anna Orso nel ruolo della madre di una vittima del maniaco, ottima la colonna sonora capace di creare una atmosfera spettrale e misteriosa tra i fotogrammi.

 

Alla memoria di tutti quei ragazzi che hanno perso la vita a causa della follia di un pazzo maniaco

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