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La notte

Regia di Michelangelo Antonioni vedi scheda film

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Utente rimosso (signor joshua)

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su La notte

di Utente rimosso (signor joshua)
8 stelle

Ciò che non può essere comunicato, non può essere colto. Eppure Antonioni c'è riuscito a farlo cogliere, è riuscito nell'impresa titanica di creare una condizione accettabile per far trasparire uno stato d'animo che solo l'immagine pura può far trasparire a pieno, sottolineata da parole confuse, da concetti che possono essere compresi solo accompagnandoli dalle azioni dei personaggi che li pronunciano. Tutta la vicenda è classica, tutto ciò che si vede, con più elementi ed una storia che ha più sbocchi, viene mostrato lo stesso anno ne La dolce vita di Fellini, con successi ben diversi, ma con risultati opposti a quest'ultimo valore storico: il film di Fellini, con una perizia calligrafica che lascia sconvolti, celebra i valori della società borghese rendendo Roma una specie di cartolina in movimento, il film di Antonioni invece, inizia il suo percorso di demolizione. Il regista azzecca tutto: non esiste niente che possa comunicare l'inesistenza dei valori borghesi come l'incomunicabilità, proprio perché esiste un trauma profondo in ogni membro della società capitalista, un foro nel suo cervello che con il passare del tempo si allarga sempre di più, creando una scontentezza profonda, una noia che non può essere vinta in alcun modo, un'incapacità di agire che rendono la vita(?) un inferno glaciale, una prigione senza sbarre che intrappola la coscienza annientando le emozioni umane. Tutto il film si svolge in una semplice giornata dio ordinaria disperazione, dalla mattina, fino al mattino dopo: i due protagonisti vanno a trovare il loro migliore amico che sta morendo di tumore, tentano di consolarlo, ma lui sa che è spacciato, poi escono dalla stanza; lei va a girovagare per la città osservando la felicità e le vita altrui, lui se ne va a casa e la cerca, poi insieme vanno in un night club, ed infine, ad una festa a casa di ricchi industriali. In quelle ore (relativamente poche) tutto cambia, la loro noia raggiunge la saturazione che prima o poi dovevano aspettarsi (paradossalmente, le singole pedine della società borghese, rispecchiano il destino dei loro “compagni” di morte), la pubblicazione del best sellers di Giovanni (sarà un best sellers? Sarà solo il principio del suo fallimento umano ed intellettuale?) rende tutto piatto, si preoccupa più di dove la moglie sia in quel momento, che non di ascoltare editore e giornalisti. Lidia invece, stanca di vedere l'amico moribondo, girovaga, osserva la decadenza del suo paese, l'assenza di umanità reale che circonda le cose e le persone come un'aura malefica, e ci si diverte, perché sa che tutti loro ne sono i responsabili. Tutto quello che accade dopo è solo una conseguenza dell'inevitabile: Giovanni rifiuta la proposta di avere un impiego fisso come dirigente, ma dipendente (“In che senso dipendente?” dice), perché come tutti gli pseudo ricchi si avvale della sua falsa libertà per farsi il paraocchi sul mondo, non rendendosi conto che è già prigioniero di se stesso e che è già una pedina del sistema; Lidia si accorge (o lo aveva sempre saputo?) di non amarlo più, ma non nel senso stretto del termine, più in relazione all'impossibilità psicologica di amare in generale, che a quella di provare emozioni per qualcuno in particolare; ed anche Giovanni è così: non ha bisogno di una donna, non ha bisogno di Monica Vitti, ma ha bisogno di qualcosa che non esiste, il suo è un bisogno che viene creato dalla sua mente, che non è intellettuale come si può credere, ma è semplicemente borghese, assopita, pigra, piena ma vuota, e ciò che ha li, che potrebbe soddisfarlo, non gli basta più. Anche la mancanza del loro amico non è che postuma, prova del fatto che il loro bisogno, nasce semplicemente dall'impossibilità di essere accontentati veramente. Antonioni traduce tutto questo in immagini attraverso tempi dilatatissimi, nonostante la breve durata del tempo effettivo dell'azione, con un ritmo contenuto, che rende la vicenda lentissima fino a sfidare l'irritazione dello spettatore, ma quello che potrebbe sembrare un difetto, è in realtà il mezzo con cui rende l'idea dell'impossibilità di vivere nelle condizioni di insoddisfazione perenne in cui si trovano i personaggi, e Mastroianni, è qui in uno dei suoi ruoli più riusciti. Un gran film.

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