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Inazuma

Regia di Mikio Naruse vedi scheda film

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La recensione su Inazuma

di maurizio73
7 stelle

Naruse traduce la delicata sensibilità di donne rassegnate in uno shomingeki familiare in cui il rapporto tra i sessi scarica sull'altra metà del cielo tutte le responsabilità di una vita di fallimenti e nel quale la faticosa strada per l'emancipazione femminile nel dopoguerra si snoda lungo un percorso che conduce alla solitudine e all'abbandono.

La giovane Kiyoko fa la guida turistica a Tokyo, ha un fratello e due sorelle figli come lei di quattro padri diversi e resiste alle pressioni della famiglia che la vorrebbe vedere maritata ad un laido fornaio di mezza età. La sua vita trascorre tra squallide beghe familiari, tresche fedifraghe di sorelle e cognati, l'inguaribile accidia di un fratello nullafacente e il desolato fatalismo di una madre rassegnata. La sua decisione di andare a vivere da sola puo' forse renderle quella libertà che ha sempre sognato di avere.

 

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Kiyoko Doesn't Live Here Anymore

 

Da un racconto di Hayashi Fumiko, come molte sue opere degli anni '50, Naruse Mikio traduce la delicata sensibilità di donne rassegnate in uno shomin-geki di ambientazione familiare in cui il rapporto tra i sessi scarica sull'altra metà del cielo tutte le responsabilità di una vita di fallimenti e nel quale la faticosa strada per l'emancipazione femminile nel dopoguerra si snoda lungo un percorso quotidiano che conduce a piccoli passi verso la solitudine e l'abbandono. L'affollata prigionia di una dimensione familiare dove una madre deve sobbarcarsi da sola l'onere di figli già adulti avuti da padri diversi, una sorella vedova mantenere economicamente la seconda famiglia di un marito fedifrago, la sorella sposata lasciarsi insidiare dal laido spasimante che pretende la sua mano ed il fratello fannullone bighellonare senza scopo per casa, sono per Kiyoko l'assurdo fardello di una insostenibile promiscuità che mortificano i sogni di felicità di una giovane donna che ha smarrito qualunque fiducia in se stessa e nel nell'altro sesso.

 

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La discrezione e il pudore di angoli di ripresa che osservano i personaggi da una distanza di sicurezza fanno da ordinario contraltare agli improvvisi primi piani da cui affiorano come improvvisi guizzi dell'anima le trattenute emozioni di inespresse pulsioni  di vita, rappresentando l'unico modo in cui Naruse riesce ad avvicinarsi al sotterraneo dramma dei suoi rassegnati protagonisti; come pure lo scorrere del tempo asseconda l'insensibile andirivieni di una vita domestica senza sbocchi e prospettive, dove persino gli eventi più luttuosi (la morte di un cognato) o quelli più incresciosi (la patetica debolezza dell'altro cognato) sono risolti nel passaggio tra uno stacco di montaggio e l'altro, anche in funzione digressiva, e le cui conseguenze sembrano trascinarsi nell'inevitabile teoria di mortificazioni quodiane da subire con rassegnata sopportazione. 

Naruse, sfortunato come loro, vede nelle donne di queste umili classi sociali le antieroine di un mondo di costrizioni che le intrappola tra gli obblighi delle convenzioni (prender marito), il dovere del mantenimento familiare (il lavoro di guida turistica, l'assicurazione sulla vita, commerci vari) e la frustrazione dei propri sogni di felicità, affidando a rari momenti di malcelata ironia l'amaro disincanto sulle proprie disgrazie e squarciando il cielo di una improvvisa luce di speranza nell'imbarazzato colpo di fulmine di occhi che brillano per un giovane di buona volontà o nel lampo di un lontano temporale estivo (inazuma) che illumina a giorno il cielo di un precoce autunno della vita. Splende la giovane stella di una Hideko Takamine, musa di Kinoshita in Carmen Comes Home e già enfant prodige del cinema giapponese alla fine degli anni '20, ma i premi della critica cinematografica di quell'anno (Blue Ribbon Awards) vanno al film di Naruse ed alla navigata Chieko Nakakita nel ruolo della sfortunata madre di uno dei tanti figli illegittimi del dopoguerra nipponico.

 

 

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