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Maternity Blues

Regia di Fabrizio Cattani vedi scheda film

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La recensione su Maternity Blues

di supadany
6 stelle

Ci si lamenta spesso, e da parecchio tempo, di come il cinema italiano sia sempre ancorato a pochissimi generi (commedia da botteghino e dramma d’autore) e che soprattutto non abbia il coraggio di raccontare storie difficili, quelle che rischiano di respingere il pubblico fin dalla loro origine.

Prova a sfatare il tabù Fabrizio Cattani, portando in luce i traumi dell’infanticidio, purtroppo lo fa con diversi limiti, ma almeno non lascia neutri.

Quattro diverse donne si ritrovano all’interno di una struttura psichiatrica con la pesante colpa di aver ucciso i propri infanti.

Clara (Andrea Osvart), Eloisa (Monica Barladeanu), Rina (Chiara Martegiani) e Vincenza (Marina Pennafina) sono distanti tra loro per tanti aspetti caratteriali e si ritrovano ad affrontare una convivenza forzata non priva di traumi e speranze (a volte trattenute).

 

 

Tutto prende forma, a monte, da una sindrome post partum che trasforma quello che per la stra grande maggioranza delle donne è il momento più bello di una vita (ma non privo di incognite e di sfide da affrontare quotidinamente) in un incubo che può portare anche alle peggiori delle conclusioni, ovvero il delitto perpetrato nei confronti della propria prole.

Ed ecco quattro figure femminili con quattro trascorsi accomunati da questo aspetto; l’irruenta Eloisa, la vulnerabile Rina, la saggia, e più matura, Vincenza e la più sensibile Clara (Andrea Osvart).

Quattro donne che racchiudono un macrocosmo di personalità, che convivono con un passato ormai segnato indelebilmente e con diversi propositi per il presente e per il futuro, fragili anche quando in apparenza si mostrano in ben altro modo.

Fabrizio Cattani racconta la storia con discreta attenzione, ed un palpabile impegno, con toni da (forte) melodramma e spruzzate di thriller emotivo, ma nella realtà che affronta appare molto altalenante, con momenti che trasmettono un dramma infinito ed altri che sembrano congiunzioni dal sapore di vaga inessenzialità conditi anche da luoghi comuni, con poi ricordi che improvvisamente ci appaiono così tangibili da farceli sentiri tremendamente vicini.

Discreta la fotografia, calzante coi toni della vicenda e chiaramente con l’ambientazione prevalente, anche se la forma estetica complessiva è fin troppo para televisiva.

Non male le quattro protagoniste, che beneficiano dei passaggi migliori e pagano pegno nei meno riusciti; tra tutte mi ha catturato maggiormente Andrea Osvart (sarà anche per il solo carattere del personaggio), mentre Monica Barladeanu ha una luce particolare negli occhi.

Un film da premiare per il coraggio e che comunque lascia una sentita traccia di se, nonostante sia percorso anche da aspetti, dialoghi ed occasioni che quanto meno lasciano un po’ titubanti sull’effettivo valore e sull’utilità che possano avere.

Fondamentalmente Onesto, (abbastanza) commovente e (parecchio) imperfetto.

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