Regia di Fabrizio Cattani vedi scheda film
Quattro donne diverse legate da una colpa comune: l’infanticidio. All’interno di un ospedale psichiatrico giudiziario, trascorrono il loro tempo espiando una condanna schiacciata dal senso di colpa. Una convivenza forzata, che specchia la propria colpa nell’altra e che - nonostante tutto - consente di riallacciare i fili dell’esistenza: attraverso una timida amicizia, una confessione spezzata dalla vergogna, un conforto mai pienamente consolatorio. Eccole, dunque: Clara (il marito vorrebbe perdonarla, ma...), Eloisa (polemica con tutti, a cominciare da se stessa), Rina (una ragazza madre che ha affogato il suo bimbo nella vasca da bagno) e Vincenza (la più fragile, anche se sostenuta dalla fede). Dispiace parlar male di un film che ha il coraggio di un tema fortissimo, rimosso, al limite del tabù. Ma - come sovente accade nel nostro cinema - la forma non accompagna né i contenuti né la sostanza. Fabrizio Cattani, già autore dell’inopinatamente acclamato Il rabdomante (2007), ha il passo della fiction televisiva, della quale non (ci) risparmia nulla: copione e dialoghi didascalici, colpi bassi nelle insopportabili sembianze di scene madri, sequenze involontariamente ridicole. Non l’aiutano le attrici (Osvárt, Birladeanu, Martegiani, Pennafina) concentrate in una recitazione rigida, da filodrammatica, incapace di regalare emozioni.
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