Regia di Fabrizio Cattani vedi scheda film
Uno dei drammi più indicibili (l'infanticidio commesso da una madre), viene qui raccontato con una sensibilità e una discrezione quasi pudica (quattro sono le storie prese a riferimento), anche se il regista privilegia in più di un'occasione l'artificio della messa in scena che evita una partecipazione emotiva più diretta da parte dello spettatore.
Tratto da un lavoro teatrale della scrittrice Grazia Verasani e da un' evidente approfondita ricerca anche personale, è la storia di quattro Medee moderne arrivate per strade e motivazioni diverse al gesto estremo dell'infanticidio appunto. Quattro donne rinchiuse in uno ospedale pschiatrico, ciascuna con le proprie personali fragilità, le differenze strategie di vita e di tragitto familiare, che intessono fra loro (im)possibili legami attraverso la quotidiana convivenza e la condivisione della terapia di gruppo, mentre all'esterno - e per contrappunto - il marito di una di loro, vive il terribile dissidio di sentirsi ancora innamorato della donna che prima gli ha dato per poi portarli ivia in maniera dolorosamente cruenta, i figli.
Realizzato con un cast troppo disomogeneo che non giova al risultato finale, è indiscubilmente più "utile" che "bello" , ma rimane comunque un'opera da vedere e sulla quale è opportuno meditare:
Dominano nella pellicola i toni lividi e la schematizzazione (eccessiva) delle psicologie e dei rapporti, ed è un vero peccato perchè in alcuni momenti (purtroppo non prevalenti) le immagini, più che le parole, riescono ad aprire grossi squarci nelle interiorità femminili e sul complesso problema della accettazione cosciente della maternità per quello che è relmente, e non per come viene in genere rappresentata.
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