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Eva

Regia di Kike Maíllo vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su Eva

di alan smithee
6 stelle

Si puo' ricreare un arto, un organo, tutto un corpo umano alle soglie del 2050. Ma creare un'anima? un carattere? una personalita'? E se anche si potesse, sarebbe giusto? Corretto? Etico?
Eva e' da un lato un piccolo film quasi artigianale che ti sorprende per la disinvoltura in cui ti getta all'improvviso nel mondo ipertecnologico (e retro' al tempo stesso) di un prossimo futuro in cui il rapporto uomo-macchina avra' raggiunto livelli pressoche' inscindibili e straordinari; in cui la necessita' di un gatto (per citare una delle piu' straordinarie creazioni del nostro protagonista) potra' essere accontentata dall'acquisto di un suo eccezionale clone meccanico che non ne scimmiotta le caratteristiche generali, ma ne ricalca le caratteristiche piu' verosimiglianti raggiungendo livelli stupefacenti (anche la resa degli effetti speciali poveri ma efficacissimi e' notevole). Dall'altro lato Eva e' il rapporto uomo/macchina, creatore/creatura, scopritore/cavia, qui reso affascinante da sia da un ritmo incalzante, sia da una location insolita ed innevata che ammalia e disorienta, e, come gia' accennavo, anche da un futuro un po' antico in cui si accostano spigliati e sofisticatissimi robot a vecchie Saab che non fanno nulla per non ostentare il loro stile retro' (un po' come succedeva in "Gattaca" insomma). Peccato che Maillo pecchi un po' qua e la' di superficialita' o ingenuita' nel cercare soluzioni narrative un po' stantie e deja-vu, come ad esempio il solito incipit incalzante che si riferisce in realta' al culmine della vicenda, che poco dopo questo rutilante inizio un salto nel tempo ci portera' a ricapitolare; peccato che un regista cosi' spigliato e disinvolto si lasci ancora convincere a girare scene che ormai dovrebbero essere severamente vietate: cito senz'altro quella del protagonista che entra in aula, mentre la giovane e tutt'altro che sconosciuta professoressa intanto sta spiegando alla classe proprio l'argomento di cui si occupa il nostro uomo (pensa che caso!!!), e dopo nenche trenta secondi naturalmente suona la campanella di fine lezione e la prof. congeda la classe con il solito banale "bene ragazzi, domani proseguiremo da qui". Piccolezze, si obiettera', ma in fondo ingiustificate pesantezze madornali che ogni scuola di regia dovrebbe imparare a far rifuggire ai loro pur brillanti allievi. Non aiuta la riuscita del pur interessante film la recitazione schematica dei due protagonisti, un Daniel Bruhl molto piu' catatonico delle sue spigliate creature e una Marta Etura (quella di Bed time di Balaguero') piuttosto convenzionale nel rendere un ex-amante che si riavvicina all'ex-compagno contendendogli il frutto poco etico del loro amore: un essere di laboratorio che ha imparato sentimenti complessi come amore, ma anche odio ed eliminazione definitiva di tutto cio' che rappresenta un ostacolo al raggiungimento dei propri obbiettivi . Molto meglio invece i "robot", e dunque l'anziano e sempre inquietante attore almodovariano Lluis Homar, una macchina che obbedisce a comando riuscendo persino ad auto-regolarsi lo stadio emozionale, e la giovane Eva (Claudia Vega), vivace e ribelle come solo la gioventu' (anche quella di laboratorio) sa essere.
In definitiva una interessante sorpresa di inizio stagione, che una minore impulsivita', un piu' controllato impeto creativo e di scrittura, e qualche moderazione di effetti un po' gratuiti (i barocchi lampadari ad incastro che dovrebbero rappresentare il segreto per la formazione del carattere di ogni nuova creazione di laboratorio), avrebbero condotto anche ben piu' lontano.

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