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Being Flynn

Regia di Paul Weitz vedi scheda film

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La recensione su Being Flynn

di supadany
7 stelle

Ingiustamente estromesso dal passaggio al cinema, finalmente Being Flynn approda in Italia direttamente sui canali pay di Mediaset Premium ed è facile intuire come mai nessuno se la sia sentita - comunque sbagliando - di farlo uscire in sala.

Infatti, Robert De Niro ritrova Paul Weitz, ma questa volta il tenore della loro cooperazione è assai distante dal precedente film - Vi presento i nostri - che avevano realizzato insieme.

Nick (Paul Dano) è stato cresciuto solo dalla madre (Julianne Moore) e il suo rapporto con il padre Jonathan (Robert De Niro) è stato sempre nullo.

Improvvisamente, quest’ultimo torna a palesarsi nel momento del (suo) bisogno, dapprima per un trasloco, poi casualmente quando s’incontrano nella casa-rifugio nella quale Nick lavora e dove i senzatetto possono trovare un po’ di assistenza.

Quest’incontro scombussolerà la vita - ancora in fase di definizione - di Nick e spetterà solo a lui uscirne integro.

 

Robert De Niro, Paul Dano

Being Flynn (2012): Robert De Niro, Paul Dano

 

Tratto dalle memorie di Nick Flynn, questa pellicola dimostra fin da subito di essere personale, tumultuosa e per nulla accomodante.

Spicca su tutto - e tutti - la figura sprezzante, sconveniente (odia i neri e gli omosessuali) e fuori spartito (quello della vita) di un non padre (Robert De Niro può esprimersi a tutto campo, anche se qualche volta forse esagera), di una vita alla deriva, ma mai mollata nonostante tutto con tanta ostinazione e poco cuore.

Il rapporto con il figlio Nick trova squarci drammatico-esistenziali lodevoli, passando dal primo trasloco (nel quale Jonathan si comporta come se vedesse Nick tutti i giorni), agli scontri generazionali (ma non intesi come accade di solito), per arrivare a una sorta di pacificazione armata, il che è un merito in quanto in questo modo la conclusione non è disperata, ma nemmeno accondiscendente, lasciando comunque il giusto subbuglio.

E risulta semplice, ma anche molto funzionale, l’importanza dell’esperienza della struttura di assistenza come veicolo di maturazione personale, luogo dove imparare tanto, un vero e proprio percorso umano (come testimonia esplicitamente il personaggio interpretato da Olivia Thirlby dicendo che il suo tempo lì non era ancora finito).

In più, si registrano anche alcuni lampi di idee registiche (come la progressione dei passaggi di baseball tra il piccolo Nick e i vari compagni della madre, fino all’ultimo tiro che finisce mestamente a vuoto) e il cast vanta oltre a due protagonisti di razza anche elementi di contorno appropriati (da segnalare anche l’indimenticabile Wes Studi, vedi L’ultimo dei mohicani).

Opera dunque meritoria, che a volte perde qualche coccio per strada, ma che soprattutto è in grado di inscenare un rapporto complicato, articolato e innervato dai caratteri in gioco, lasciando poi alla fine diverse sensazioni a sedimentare.

Cinema di medio lignaggio, ma realizzato con l’attenzione che il caso meritava.

 

 

Paul Weitz

Gestisce bene il materiale umano a sua disposizione e trova anche delle soluzioni registiche di buon livello.

Buono il lavoro d'insieme.

Robert De Niro

Ruolo che gli permette di "fare" ed a volte anche strafare.

E' in ogni caso un'occasione ghiotta per ritrovarlo in forma e molto sollecitato.

Buona interpretazione.

Julianne Moore

Piccolo ruolo relegato ai ricordi del passato.

Aderente.

Paul Dano

Ci sa fare (tra l'altro l'aveva già ampiamente fatto capire), comunica agilmente le sensazioni del suo personaggio ed è sempre sul pezzo.

Discreto.

Olivia Thirlby

Semplice, ma anche molto funzionale e viva, fa sempre bene ciò che deve.

Gradevole.

Lili Taylor

Ruolo che fa da sfondo, ma si trova comunque in una posizione che le si addice.

Più che sufficiente.

Victor Rasuk

Sufficiente.

Katherine Waterston

Piccola parte che si esaurisce anzitempo.

Eddie Rouse

Sincero e diretto.

Nel suo piccolo efficace.

Thomas Middleditch

Sufficiente.

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