Regia di Jean-Jacques Annaud vedi scheda film
Tratto dal libro Paese dalle ombre corte dello scrittore svizzero Hans Ruesch, per una volta il titolo italiano riassume precisamente il contenuto del film, in maniera assai più corretta del fuorviante originale (la traduzione letterale sarebbe Oro Nero). Come ingannevole è pure il trailer, che lascia intendere un'opera nella quale il respiro epico dovrebbe trasudare da ogni fotogramma. Non è proprio così, anzi.
I primi quaranta/cinquanta minuti sono alquanto riflessivi, interlocutori, e sono esclusivamente dedicati all'esposizione del contesto socio-politico-religioso-culturale, all'introduzione dei diversi personaggi e dei rapporti fra loro. Il ritmo è blando e il silenzio della colonna sonora non aiuterà a mantenere vivo l'interesse. Sì, perché tolto l'inizio promettente, il resto potrebbe facilmente rasentare un inferno, mettendo a dura prova la resistenza nella sopportazione. La colpa è nel mancato interesse nei confronti dei protagonisti, che proprio non riescono a restare nel cuore.
L'emiro Nesìb di Antonio Banderas funziona solo parzialmente. La sua personalità non traspare e si rende interprete di certi siparietti di dubbia comicità (futili, potevano risparmiarseli). La principessa Leyla si limita a mostrare le grazie di Freida Pinto e poco più. E il protagonista con il volto di Tahar Rahim, il principe Auda dell'indovinato titolo italiano, stenta a destare la necessaria empatia.
Fortunatamente d'un tratto il film cambia radicalmente. Subisce un ormai insperato salto in qualità. Ciò si verifica allo spostamento di contesto e alla preponderante entrata in scena di Mark Strong, nel magnifico ruolo del sultano Amàr, di certo il più riuscito in tutto il progetto. Davvero non si comprende tale discontinuità. Il perché da un lato non siano riusciti nei propri scopi, mentre dall'altro abbiano dimostrato esattamente il contrario. Prova ne sia che al dottore Alì (un bravo Riz Ahmed), pur restando privo di un profondo background, bastano pochi minuti in scena per conquistare la simpatia dello spettatore, mentre il protagonista, dopo quasi un'ora, rimane ancora inadeguato e anonimo... evidentemente qualche squilibrio in fase di scrittura c'è stato.
Comunque, per qualche ragione, della seconda parte beneficiano tutti ed anche il principe Auda riesce finalmente a trovare la propria giusta collocazione, convincente e di carattere. Fosse giunta prima sarebbe stato preferibile, ma è sempre meglio di niente. E qui si sviluppa in parte il tono epico annunciato, sebbene non sia così dominante come apparso nel trailer.
Si ha dunque un'ora assolutamente buona, che si segue con piacere, con qualche momento davvero divertente alternato ad altri di dramma discretamente riuscito. Peccato solo per qualche cliché di troppo ed una certa dose di approssimazione nel gestire alcune morti illustri. Il finale poi è inspiegabilmente accelerato, risolvendo molto in quindici minuti solamente (sospetto tagli dissennati). Secondo me un fallo, anche se forse è un bene, in realtà.
Per quanto riguarda l'attendibilità storica, preciso che non è da ricercare qui, almeno non oltre la semplice verosimiglianza. Non trattandosi di un documentario, infatti, si notano delle evidenti influenze romanzate che lo rendono tanto più prossimo a una fiaba da "mille e una notte" quanto più distante dai libri di storia.
Valutando nel complesso il film, l'intento si dimostra onorevole e non sfigura del tutto al confronto con certe mediocri produzioni d'oltreoceano. Certo, rappresenta un'occasione mancata, ma ad ogni modo è in grado di lasciarsi guardare, se non si hanno pretese eccessive.
P.S. Sbaglio o vi è una non tanto velata citazione di Ladyhawke? Magari è forzata come associazione, però a me piace interpretarla così. Chi lo ha visto, comprenderà a quale scena in particolare mi riferisco.
Non so se i difetti fossero già congeniti, ovvero presenti nella fonte letteraria d'ispirazione. Ad ogni modo, ciò non giustifica affatto la loro permanenza nella pellicola, in quanto si sarebbe potuto ragionevolmente operare qualche modifica a miglioramento del risultato. La prima ora avrebbe avuto bisogno di una revisione, per esempio, onde meglio dotare tutti i personaggi di una profonda caratterizzazione. E qualche ingenuità o prevedibilità nello svolgimento avrebbe potuto essere evitata, senza che fossero necessari chissà quali stravolgimenti eccessivi.
Un James Horner moderatamente svogliato, mi è parso. Alterna eterni istanti di silenzio assordante ad altri in cui si limita a riciclare la medesima litania. Talvolta però riesce a risvegliarsi dal torpore in cui sembrava caduto per sempre e ci regala qualche motivo interessante.
Servirebbe un avvio più dinamico e un finale viceversa meno precipitoso. Pure una miglior caratterizzazione di certi personaggi avrebbe giovato.
Non il suo film più riuscito, ma è stato capace di restituire la bellezza del deserto. Magari ha solo avuto qualche problema nella fase di montaggio...
Non al top nella sua recitazione. Comunque è un emiro Nesìb dignitoso.
Il migliore, senza dubbio. Il sultano Amàr vince per carisma ed efficacia scenica.
Una principessa Leyla di bella presenza, seppur marginale.
Il principe Auda migliora gradualmente lungo il film.
Pochi istanti e Alì diventa subito simpatico. Bravo.
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