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La nave dolce

Regia di Daniele Vicari vedi scheda film

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La recensione su La nave dolce

di tafo
8 stelle

Quando l’Italia scoprì che il muro era caduto si ritrovò ad essere un paese che doveva accogliere le persone. Quando l’Italia poteva essere l’America per centinaia e migliaia di albanesi fare il viaggio Durazzo-Bari era la decisione di un attimo. Quando l’Italia era vista a Tirana e dintorni attraverso la televisione che tutti guardavano e tutti capivano facendosi attrarre dalle sue immagini che promettevano benessere e una vita diversa. Quando l’Italia si trovò a dover gestire un mare di stranieri inaspettato lo fece male, nessuno era preparato a quell’invasione in un paese che fino al giorno prima era stato una nazione di migranti esterni ed interni. Quando gli albanesi scoprirono il vero volto dell’Italia, volevano tornare in patria capita la finzione catodica restava la disorganizzazione e la mancanza di umanità di un modello che si diceva libero e democratico. Quando il blocco sovietico viene sbloccato, la gente dell’est voleva andare a vedere cosa c’era dall’altra parte credendo di trovare diritti e lavoro. Quando la Vlora viaggiava verso l’Italia nei ricordi dei viaggiatori c’era prima di tutto la speranza e l’ottimismo poi si pensava alla sete, alla fame e al caldo agostano. Quando la Vlora sbarcava con il suo carico umano il regista documentava tutto, la violenza degli albanesi sui connazionali, la ghettizzazione e distruzione nello e dello stadio di Bari. Quando il racconto, prima avventuroso poi tragico, viene fatto da chi ha trovato veramente l’America in Italia, Vicari dimostra che c’è un paese che tradisce o solidarizza che accoglie o respinge. Quando i viaggi diventeranno più lunghi, costosi e pericolosi, anche la solidarietà diventerà criminale e lo straniero diventerà il capro espiatorio per tutti i problemi. Quando la quantità fa paura e la massa è imponente tocca al cinema recuperare la qualità degli uomini non contando ma raccontando le persone.

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