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Shame

Regia di Steve McQueen (I) vedi scheda film

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La recensione su Shame

di giancarlo visitilli
6 stelle

Una discesa agli inferi, fra sesso, solitudine, inettitudine e disaffezione per la vita. La ripetitività dei gesti e delle situazioni, si rivelano, con il tempo, presagio di un’incapacità di vivere secondo i tempi e i modi stabiliti dal quotidiano vivere di tutti.

In tal modo vivrà il trentenne Brandon, di New York, alla ricerca di storie fugaci, notturne e senza alcun riferimento sentimentale, dove anche la sessualità si consuma in modo compulsivo. La sua è soltanto una continua esigenza di appagare una vera e propria patologia che lo ha portato, con il tempo,  ad assumere una serie di comportamenti da borderline. Un giorno, però, ad intralciare la meccanica routine quotidiana interverrà la tormentata sorella, Sissy, una cantante con un carico di disperazione tale da far affossare, ancor di più, suo fratello, fin nelle più cavernose strade della New York, cupa e pericolosamente indifferente. 

Il bravo regista Steve McQueen, torna a collaborare con l’altrettanto bravo attore, Michael Fassbender, dopo Hunger (2008). Il soggetto del film, pur essendo molto bello ed interessante, è penalizzato da una regia evidentemente manierista, sebbene di grande effetto visivo. Cosa può risultare insignificante, dal punto di vista dell’immagine, se si utilizza come accompagnamento musicale Bach suonato da Glenn Gould? Il fatto strano, però, è che Shame racconta lo struggimento di due vite, fra tante, senza mai veramente emozionare. E chi non sarebbe riuscito a far scappare la lacrima sul primissimo piano di una cantante, che interpreta un’eccezionale, ma interminabile, versione di New York, New York? Eppure non si riesce neanche in quel momento a raggiungere la vera commozione. Perciò, l’operazione di McQueen risulta pretestuosa. Al centro dell’attenzione del regista c’è, invece, ben altro: il racconto della schiavitù di un uomo nei confronti di una sessualità che imprigiona il corpo, quello di Brandon e quello altrui, nell’illusorio appagamento fisico, lasciando, alla fine, un vuoto incolmabile.

Il film, transitato alla sessantottesima edizione del Festival di Venezia, dove Fassbender ha ricevuto la Coppa Volpi per la miglior interpretazione maschile, ha vinto anche i premi FIPRESCI, CineAvvenire e Arca CinemaGiovani. Nonostante ciò, questa prova del regista non convince come la prima. Compresa l’eccessiva incetta di premi che ancora oggi Shame riceve. Come sempre accade ai registi ‘festivalieri’, troppo osannati.

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