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È stato il figlio

Regia di Daniele Ciprì vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su È stato il figlio

di alan smithee
8 stelle

Cominciavamo a preoccuparci della lunga assenza sugli schermi del duo Cipri' e Maresco. Ora ritorna almeno uno di loro, il primo per la precisione, e lo fa con un film eccezionale, in concorso all'ultima appena trascorsa Mostra veneziana. Un film che se da un lato - quello dell'ambientazione spettrale di una Palermo anni '70 gia' completamente devastata dal cemento di una edilizia popolare senza vergogna e ritegno progettuale - ricorda le grigie brutture e i detriti, le discariche a cielo aperto de Lo zio di Brooklyn e Toto che visse due volte, da un altro punto di vista - quello della costruzione dei personaggi - si inserisce prepotentemente nelle fila della commedia della mostruosita' italica media di una paese che sopravvive di espedienti, miserie, inganni e fredda lucidita' nell'approfittaredi tragedie che finiscono per salvare altre vite, altre bocche da sfamare. Mostri che sembrano usciti da "Brutti sporchi e cattivi", cosi' come da "Un borghese piccolo piccolo", non fosse che in questo bellissimo film di borghese c'e' veramente poco o nulla.
C'e' invece il ricorso all'espediente, al raggiro, allo strozzinaggio, alla truffa che ogni disgraziato ordisce nei confronti di chi e' ancora piu' debole di lui. E ogni disgrazia, dalla morte della giovane figlioletta a causa di un proiettile vagante - che pero' consente ai familiari di ottenere un interessante risarcimento che mette subito in secondo piano quel lutto per altri versi inconsolabile - alla fine violenta del protagonista Nicola, dopo una collutazione col nipote per un piccolo danno alla sua fiammante Mercedes, consente a questi poveri e vigliacchi disgraziati di affilare i coltelli e congeniare nuovi piani per garantirsi la sopravvivenza che, in quegli anni come oggi, e' ancora il motore d'avviamento per proseguire il percorso tortuoso pieno di ostacoli. Grandissimi attori, da Servillo naturalmente, sopra le righe piu' che mai, ma da brivido lungo la schiena specie durante i momenti (molto frequenti) in cui prende fuoco e si scatena; ma e' senz'altro il caso di citare finalmente la Giselda Volodi' che ho imparato ad ammirare dai tempi del bellissimo Agata e la tempesta, e che considero l'attrice della sofferenza e del dolore, oltre che una tra le piu' grandi e preziose risorse del nostro cinema; e ancora Aurora Quattrocchi, nonna scaltra e dimessa che sa perfettamente quando e' il momento propizio per affilare le unghie e prendere decisioni giuste al momento oppotuno. E ancora lo sguardo incredulo e sbilenco del giovane interessante Fabrizio Falco che, assieme al gia' citato Servillo e a Piergiorgio Bellocchio, costituiscono un curioso terzetto che collega questo film con l'altro film in concorso, il Bella addormentata di Bellocchio senior. A cio' si aggiunga addirittura un inquietante, perfetto io narrante come Alfredo Castro (attore feticcio di Pablo Larrain), un finale teso e strategico come un thriller ad incastro, ed ecco che ci troviamo di fronte ad uno dei piu' bei film italiani degli ultimi mesi (o anni).

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