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Aftershock

Regia di Xiaogang Feng vedi scheda film

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La recensione su Aftershock

di alan smithee
7 stelle

FEFF DIAMONDS

A metà anni ’70 un terremoto catastrofico si introduce, con la sua mortale prepotenza, nella intimità quotidiana e familiare di una affiatata ed amorevole famiglia cinese della regione del Tangshan, provocando lutti ovunque, e togliendo la vita al capofamiglia, ed apparentemente pure alla gemellina femmina della coppia di figli.

L’unica illesa a seguito del devastante evento risulta la madre, su cui grava l’ardua, impossibile decisione, di decidere quale dei due gemelli salvare, rimasti entrambi intrappolati sotto una lastra di cemento, ai lati opposti, impedendo ai soccorritori di evitare di schiacciare una delle due vittime.

La donna, non senza provare un senso di colpa destinato a convivere in lei perennemente, sceglierà di far sopravvivere il maschietto, che verrà estratto con un braccio in cattive condizioni, che in seguito gli verrà amputato.

La bimba, posta inerte accanto al cadavere del padre, si risveglierà miracolosamente poco dopo e, nella confusione dei soccorsi concitati, verrà portata in salvo e in seguito adottata, all’insaputa della madre.

Feng Xiaogang, conosciuto anche come “lo Spielberg cinese”, ci racconta, nel modo sontuoso e spettacolare a cui da tempo ci ha abituati, una storia drammatica che nasce come un film catastrofico e si trasforma in un melò appassionato che ripercorre trent’anni di storia della Cina moderna, tra affetti estirpati dal tragico destino, e ricongiungimenti favoriti dal caso, che a volte allontana e separa, mentre a volte al contrario riunisce.

Un melodramma forte e spinto verso situazioni che tuttavia il regista e gli sceneggiatori riescono a governare con gran mestiere, e a calibrare alla perfezione, confezionando una sorta di blockbuster forte di effetti speciali efficaci, scene madri inerenti il sisma e la relativa distruzione veloce ed inevitabile, ottimamente organizzate; ma pure una produzione a largo budget anomala per quanto risulta cosparsa, anzi intrisa, di un plausibile e persino opportuno sentimentalismo prepotente che, molto probabilmente in altri contesti, sarebbe sconfinato verso territori infarciti di retorica e sentimentalismo spicciolo, in questo caso - ma non in quello del film che qui ci occupa - fastidioso ed inaccettabile.

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