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Offside

Regia di Jafar Panahi vedi scheda film

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La recensione su Offside

di lao
4 stelle

Lo sport, fin dalle sue nobili origini nella Grecia antica, unisce i popoli divisi da conflitti razziali o da partigianerie  politiche estreme: recuperane lo spirito pacificatore  è stata la grande idea di Mandela nel Sud Africa dilaniato dall’Apartheid, celebrato sobriamente per questo sugli schermi da Eastwood nel didascalico “Invictus”.  Anche il regista Panahi gira con “Offside” un film a tesi, nel quale la partita di calcio fra il Bahrain e l’Iran per la Coppa del mondo del 2006 serve a dimostrare quanto la divisione forzata fra i sessi imposta dalle teocrazia degli Ayatollah  sia la più vistosa distorsione operata dalla distopia totalitaria: la passione per il pallone e il tifo per la squadra nazionale a Tehran si scontrano con le regole volute dal regime, che consentono l’ingresso negli stadi solo ai maschi; pertanto alcune donne per tentare di accedervi devono fingersi uomini e  i  giovani militari, che di guardia agli ingressi le hanno scoperte, sono costretti a tenere rinchiuse in un recinto le ostinati ribelli che, amiche, figlie e sorelle,  vorrebbero amare  e con cui vorrebbero confidarsi e dialogare. Il lungometraggio sceglie l’abitino della commedia leggera per trattare una condizione di mortificazione sociale in realtà tragica: quando le prime immagini del film inquadrano una delicata fanciulla travestita da maschio seduta su un bus in mezzo a tifosi urlanti chi l’ha visto non può non ricordare “Osama” un film afgano di qualche anno fa dove si raccontava la toccante discensio ad inferos di una bambina costretta a farsi maschio per non morire di fame.

 In “Offside” comunque non si piange affatto: la partita proibita viene, nonostante tutto,  intravista dagli spalti o sentita per radio e   l’assurdità del divieto  finisce con il fare da stimolo alla naturale predisposizione di uomini e donne a  stare insieme, a parlarsi e ad avere le medesime speranze in un domani migliore. Le transenne che dovrebbero separare i soldati e le prigioniere al contrario li avvicinano e diventato un’occasione di conoscenza reciproca: il gioco in campo sullo sfondo rimanda dunque a quello, più affascinante e sfumato, generato dal contatto ravvicinato fra maschi e femmine.  Ciascuno  è lì volontariamente o obbedendo agli ordini: la  storia  di ricordi dolorosi, di prepotenze subite  o di povertà  che ce lo ha portato crea un vincolo di solidarietà più forte di qualsiasi ordine.

  Ma non ci viene detto molto su questo, l’esile lungometraggio dalla durata di 88 minuti  esibisce a mo’ di documento le presenze esemplari di attori non professionisti, preferendo il sottointenso all’illuminante.   Resta il fatto  che i  fuochi di artificio nella notte di Teheran che festeggia la vittoria sul Baherain dell’’8 giugno 2005 mandano in cielo lo stesso bagliore che ora arriva dalle piazze d’Oriente.

Per confronti e percorsi culturali suggeriti dal film cfv mio blog: http://spettatore.ilcannocchiale.it/post/2627508.html

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