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Pina

Regia di Wim Wenders vedi scheda film

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La recensione su Pina

di OGM
10 stelle

La danza come un segno in movimento. Pura essenza ritmica tradotta in figure viventi eppure astratte, il vero corrispettivo corporeo del flusso armonico di una melodia. Un dinamismo che sembrerebbe attinto al simbolismo pittorico, se non fosse che è più carico di emozioni che di significati. Interpretare l’ineffabile. Recitare senza storia. Disciplinare la follia secondo un ordine privo di senso, nel quale però, tutto risulta leggibile, fin nei minimi dettagli. Il linguaggio coreutico era, per Pina Bausch, un’espressione interamente alternativa rispetto alla parola, con la quale non poteva possedere nessun punto di contatto. Un codice multidimensionale, esteso nello spazio sconfinato che l’esile filo della sintassi verbale attraversa di continuo, senza poterlo nemmeno lontanamente riempire. Non esiste un alfabeto che possa scandire l’andamento soffuso e fluttuante delle allusioni, che sono libere ed incostanti articolazioni del pensiero, refrattarie, per loro natura, alla sistematicità della sillabazione. L’evento è ciò che si racconta, mentre la situazione è ciò che si prova dentro, e tinge dei propri colori senza nome i fenomeni dell’ambiente esterno. La poesia, in questo modo, diventa uno studio delle meccaniche terrene alimentate dall’energia dell’anima, che usa le leggi fisiche per comporre suggestioni complesse e irripetibili.  Di fronte alle opere della grande coreografa tedesca si ha l’impressione di partecipare ad un’esperienza interiore resa visibile, e che pure non si trasmette attraverso le forme percepite dagli occhi, perché induce una vibrazione complessiva di tutti i sensi.  Il documentario retrospettivo di Wim Wenders  riduce al minimo i commenti a voce, limitandoli alle  brevi testimonianze di coloro che con Pina Bausch hanno condiviso momenti di grande intensità artistica, avendola avuta come maestra, amica, compagna. I loro ricordi ritraggono una donna che più che pensare e fare, è intenta a vivere e osservare. La sua creatività è l’atto di scuotere la realtà con il suo sguardo infinitamente penetrante, fino a costringerla a rivelare tutti i suoi segreti, a far emergere le sue inquietudini sepolte sotto la superficie della convenzione. È in questo modo, attraverso il movimento tellurico del dubbio, dell’indagine, dell’intransigenza, che un qualsiasi angolo di mondo, anche il più spoglio ed insulso, può tramutarsi in scena. Se nella danza classica il criterio dominante è la ricerca dell’equilibrio, nella visione di Pina Bausch ad esso si sostituisce un’onnipresente vertigine, che lo rende un traguardo irraggiungibile: l’obiettivo di uno sforzo vano, ripetuto mille volte in altrettanti modi diversi, ma immancabilmente destinato a concludersi con una caduta o uno sbandamento, sempre drammatici, però mai definitivi. Forza e solitudine, ricorda una sua allieva, erano le virtù di Pina.  Forza senza costrutto e solitudine senza rimedio: i due elementi fondamentali della tragedia umana in lei si fondevano in un palpito vigoroso ed incontenibile, eppure scrupolosamente modulato sulla frequenza dell’angoscia di esistere senza  arrivare a sapere, e senza riuscire a dire. Da ciò deriva un’inquietudine che non si stanca mai,  e riunisce in sé tutte le età dell’Uomo, poiché aspira incessantemente a crescere, ad educarsi, ad imparare  principi ed ideali da applicare laddove, nello sconfinato regno delle possibili sofferenze, vengono meno i limiti territoriali. Il film, con il suo percorso multilingue, che staziona nei luoghi più disparati, e forse più rappresentativi del turbinio del mondo (un incrocio cittadino, un grande impianto industriale, una piscina affollata) traccia il cammino di un genio che ha fatto, dell’adesione al realismo, un atto d’amore coltivato con coscienza e dedizione. All’immediatezza dell’improvvisazione ha preferito una profonda meditazione estetica sulla spontaneità: una elaborazione soggettiva che non ostacola, ma, anzi, rafforza, il carattere diretto della comunicazione. Ed è forse il più prezioso tributo con cui si possa onorare la Verità, servendola umilmente, con ogni parte di sé, e curandola diligentemente come un gioiello, fino a trasfigurarla in Bellezza.

 

Pina ha rappresentato la Germania agli Academy Awards del 2012, aggiudicandosi un meritatissimo posto nella shortlist dei primi nove candidati al premio Oscar per il migliore film straniero.  

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