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Misery non deve morire

Regia di Rob Reiner vedi scheda film

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La recensione su Misery non deve morire

di maghella
8 stelle

 

“Misery non deve morire” si può tranquillamente annoverare tra i classici dell'horror moderno. Tratto dall'omonimo romanzo di Stephen King, è uno delle migliori trasposizioni cinematografiche tra le opere (numerose) dello scrittore statunitense.

Annie Wilkes è la fan numero uno dello scrittore Paul Sheldon, autore della famosa collana di romanzi rosa di “Misery”. Per questo motivo lo aveva seguito fino allo sperduto chalet in montagna, dove sapeva che stava concludendo il suo ultimo romanzo. Annie salva Paul da morte sicura in un brutto incidente di auto, proprio mentre tornava a New York con il suo romanzo terminato. La bufera di neve copre i resti dell'auto, e Annie non trova difficoltà a nascondere Paul nella sua solitaria fattoria a poche miglia dal luogo dell'incidente. Annie è una infermiera dall'aria bonaria e tranquilla, e non si scoraggia nell'accudire le numerose fratture alle gambe di Paul. Inizialmente sembra tutto rassicurante: Annie è una signora dall'età imprecisata, dai modi un tantino rustici ma genuina e apparentemente schietta. “La strada è interrotta e il telefono non funziona” dice Annie allo smarrito Paul, che non può fare altro così che affidarsi a questa strana ma gentile signora.

 

Annie è in verità in missione per conto di Dio. Paul Sheldon, stanco di scrivere romanzetti per casalinghe frustrate, ha scelto di far morire l'eroina Misery nell'ultimo libro. Annie, una volta letto della fine della sua amata Misery decide di prendere in pugno la situazione.

Annie è in verità innamorata dello scrittore e di ciò che lui rappresenta per la sua vita vuota, o semplicemente piena di mille oggetti sparsi per casa che raccontano di quanto sia rimasta vuota la sua esistenza. Paul Sheldon deve difendersi come può, mettendo in atto la sua creatività non per delle trovate da pubblicare su carta stampata, ma per salvarsi la vita da una pazza furiosa.

 

Annie in verità è la più forte. In quella casa è lei l'eroina, la salvatrice, l'unica protagonista di una storia che si è raccontata per anni nella sua testa e che ora finalmente può mettere in atto. Qualche “nube” di passaggio offusca il suo obiettivo, qualche ombra dal passato pare tornare a renderle la vita difficile. Ma basta poco per ritrovare il suo spirito battagliero, il messaggio da parte di Dio è chiaro: salvare Misery e ridonarla al mondo.

 

Un film – e un romanzo – che è il ritratto di un forte disagio dovuto all'isolamento e all'alienazione. Tematiche queste tipiche dell'opera di King, e di un certo cinema horror (americano soprattutto). La figura di Annie non è il mostro che si rivela alla fine, e come tutte le maschere horror che si rispettano ha un risvolto drammatico e commuovente. La solitudine, l'isolamento forzato, creano le condizioni ideali per alimentare una follia che già alberga da anni nella mente di Annie.

Per Annie, Misery è l'unica fonte di bellezza e sopravvivenza nella sua vita opaca e deludente. In Misery ha trovato l'amore sacro che tanto brama, e non può accettare di vederla morire.

Paul è ciò che le serve per continuare ad avere uno scopo nella sua vita, che altrimenti rimane assolutamente vuota.

Paul odia Misery e in cuor suo disprezza anche chi la legge, Annie intuisce tutto questo ed è proprio questo disprezzo che cerca di combattere con i suoi mezzi. Lei che è sempre stata disprezzata, accusata e giudicata da uomini, cerca il giudizio di un Dio più clemente e giusto.

Il pregio di questo bel film è l'accuratezza nel descrivere i personaggi e la casa di Annie. La casa e la mente di Annie sono tutt'uno, proprio come l'Overlook Hotel e Jack Torrance in Shining. I mille ninnoli che Annie dispone come tante trappole sui mobili, l'altarino con i libri di Misery e la foto di Paul, i centrini, l'album dei ritagli e il disordine ordinato che si respira per le camere e i corridoi della casa, fotografano perfettamente quella che è la personalità deviata e irrimediabilmente compromessa di Annie.

 

Forse, per qualche momento, Paul pensa veramente di non riuscire a scappare da quella casa e dalla follia di quella donna. Rimasto infermo e impotente davanti a quello che lui stesso ha creato. Annie è il risultato di anni di lavoro che ha profondamente odiato, oggi si ritrova a fare i conti con i suoi mostri; demoni che hanno trovato un'ottima residenza nel corpo di Annie.

 

La lotta finale non mette fine infatti all'orrore che Paul ha vissuto in quel lungo inverno nella casa della “sua ammiratrice numero uno”. I demoni di Paul hanno lasciato la casa e il corpo di Annie, ma forse si annidano in qualche altro angolo buio.

 

“Misery non deve morire” risale al 1990, quando parlare di stolker era cosa improbabile, e non esisteva ancora in Italia il reato che lo condannava. Oggi è un argomento più alla moda, ma purtroppo non sempre trattato come meriterebbe. Annie Wilkes è una stolker a tutti gli effetti, e questo rimane uno dei film che racconta meglio un certo tipo di disturbo ossessivo.

Lo sguardo fisso nel vuoto di Annie quando rimane rapita dai suoi pensieri malati, rimane uno dei passaggi di maggior sgomento del film, e massima dimostrazione di bravura di Kathy Bates che per questo ruolo vinse l'Oscar come miglior attrice protagonista nel 1991, cosa che rimane alquanto inusuale per i ruoli horror.

 

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