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Qualunquemente

Regia di Giulio Manfredonia vedi scheda film

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La recensione su Qualunquemente

di lamettrie
10 stelle

Un grande film. Un classico sull'Italia e l'italianità. Secondo me incompreso, ed è un torto ancor più grave se si pensa alla miseria del pensiero unico promosso in modo sempre più soffocante dalla comunicazione capitalista. Certo, una satira, ma ha questo grande merito: dire pane al pane e vino al vino. Cioè, se appaiono degli eccessi, la sceneggiatura ha il merito di far vedere che di eccessi non si tratta, in realtà: questo è il grande valore comico di questa straordinaria  opera. Mostrare quanto l'orripilante sia diventato realtà, sia realtà.  E noi italiani ce lo siamo permesso, abbiamo fatto in modo che ciò sia accaduto a nostro danno, benché avevamo tutte le possibilità per evitarlo (fino a  prova contraria, il voto non è così truccato in Italia, come invece avviene nel Terzo mondo), e benché dunque avevamo il dovere di evitarlo, per il nostro stesso interesse. Qui non si usano a caso toni che l'Olocausto ha resi famosi: infatti le mafie (come l’ndrangheta qui ritratta e denunciata) in Italia, nel complesso, non hanno fatto tanto meno danni di quelli (pur orrendi! e ingiustificabilissimi!) di quelli dei peggiori totalitarismi (di destra, e anche di sinistra).

Si ride tantissimo, e la sceneggiatura è scritta bene; ma si resta straordinariamente amareggiati, nel vedere la profonda corruzione in cui è scaduto il “belpaese” (ma di fatto è stata un’involuzione continua: non certo un peggioramento reale, non un peggioramento di quelli che mostrano una certa discontinuità).Una corruzione anche estetica: il cattivo gusto ridonda e ripugna; eppure tanti vip, o comunque persone molto ricche, vivono in mezzo a quella costosa immondizia. Ma questo, della corruzione estetica, è solo il preambolo e, soprattutto, l'ambientazione corretta per la messa in scena di quella che è il vero bersaglio dell'opera.: la corruzione politica italiana. Che, a monte, è figlia (e non può essere altrimenti) di un altro tipo di corruzione, che è la madre di tutte le corruzioni: la corruzione morale. Solo una cittadinanza che, sotto il profilo etico, mostra profili di acuta sofferenza, che è disadattata, impreparata alla felicità, cioè maleducata nel profondo , può permettersi scenari postmoderni (ci si perdoni il ricorso a un termine abusato, che però qui calza) di tale vistosa gravità. Non è una critica solo alla Calabria, o solo al meridione, solo all'Italia: questa è una intelligente critica al capitalismo. Questo male, il più grave degli ultimi secoli, ci ha pervaso fino a ridurci a quello che siamo: una quasi totale assenza di premio all'impegno morale e culturale; un altrettanto quasi pieno incentivo alla disonestà e all'ignoranza.

Il film scorre velocissimo. Le scene memorabili sono (purtroppo) talmente tante che non si può che rinviare alla visione del film, per farsi un'idea. Un capolavoro che si è nutrito in modo parassitario del degrado in cui il capitalismo ha messo l'Italia, col consenso (come sovente è accaduto) stupido, servo e autolesionista degli italiani stessi.

Questa recensione viene quasi nove anni dopo il concepimento del film. Rileggendo a posteriori la successiva  storia d'Italia, non si può addebitare la sua ulteriore rovina solo a Berlusconi: costui, che ovviamente è l'obiettivo satirico, è stato certo un cancro orrendo per la cultura, l'educazione e l'etica italiane. Ma non è stato l'unico. Col tempo il centrosinistra è riuscito a non fare di meglio, senza scendere magari nelle punte così acute di volgarità che hanno reso famoso Berlusconi, assieme ai suoi crimini.

Il problema, in realtà, sono gli italiani: perché, in quel fantoccio di democrazia che abbiamo, alla fine sono gli elettori la causa di tutto, sono loro che si scelgono il proprio destino.

Il problema siamo noi; o per meglio dire, il problema è la maggioranza di noi, con tutto il rispetto. Ma questa maggioranza masochista fa poi ricadere i propri errori sadicamente anche su coloro che si sforzano di non averne parte.

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