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Another Year

Regia di Mike Leigh vedi scheda film

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La recensione su Another Year

di maurizio73
6 stelle

Tom e Gerri coppia agée di liberi professionisti,ingegnere geologico lui e psicologa lei, vive in un confortevole appartamento alla periferia di Londra e passa il tempo libero coltivando ortaggi nel vicino appezzamento di famiglia. Il loro pacifico menage familiare trascorre tra l'indulgente e affettuosa preoccupazione per un figlio trentenne ancora scapolo benchè affermato avvocato e la generosa ospitalità verso una invadente amica di famiglia dalla vita sentimentale irrisolta e tormentata. Tra momenti conviviali, crisi isteriche e incomprensioni personali il tempo trascorre inesorabile attorno a questo piccolo fulcro domestico di affettività e di calore umano.
Cinema dei piccoli sentimenti e delle emozioni smorzate, il film di Leigh tratteggia con toni pastello e momenti di delicato realismo sentimentale una trama di rapporti personali e drammi privati che si stagliano sullo sfondo di un paesaggio urbano 'a misura d'uomo', dove la città digrada dolcemente verso una realtà agreste,quasi bucolica, quale dimensione ideale di un equilibrio esistenziale che è finalmente venuto a patti con l'implacabile trascorrere del tempo: la matura consapevolezza del significato di una vita che precipita insensibilmente verso la vecchiaia e la morte. Strutturato metaforicamente in una rohmeriana cronologia stagionale che dall'esuberanza ed il rigoglio della Primavera si trascina verso il mesto rigore dell'Inverno, dell'autore francese questo film condivide anche il realismo minimalista di una dialettica della quotidianità che costituisce la cifra fondamentale con cui si interpretano personaggi e situazioni, relazioni ed aspirazioni, gioie e miserie di esistenze comuni nel tentativo, non sempre riuscito, di una antiretorica della narrazione cinematografica in cui non sempre qualcosa o qualcuno assurga a modello e riferimento esemplare, dove la casualità degli eventi è la naturale conseguenza di fatti ordinari e non preordinati (il limite costitutivo del cinema di fiction). Attraversato dalla pacata ironia di uno humor molto british, questa commedia dolceamara vive momenti di raffinata sensibilità emotiva ed altri di impietosa analisi dei limiti caratteriali di esistenze alla deriva (l'isterismo della single irrisolta, la bulimia del trasandato pendolare, l'ostinato livore del nipote lontano) mostrando qua e là una eccessiva indulgenza per il tono patetico delle scene drammatiche.
Bello il finale in cui il chiacchiericcio di una scena conviviale si smorza per stringensi attorno alla amara solitudine di una presenza smarrita. Presentato in concorso al 63º Festival di Cannes e candidato agli Oscar 2001 per la migliore sceneggiatura originale, semina molto ma raccoglie poco.

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