Regia di Romain Goupil vedi scheda film
Quando il realismo è un vezzo autoriale che sembra sciatteria. Quando l’impegno è un superficiale pretesto per rimediare alla mancanza di idee. Quando, in poche parole, il film non c’è. Non c’è la recitazione, non c’è la storia, non c’è la riflessione, non c’è la polemica (almeno non una credibile). C’è solo un pittoresco collage di cartoline improvvisate, riempite di momenti rubati ad una vicenda che, ormai, è interamente riconducibile ai convenzionali canoni del cinema interetnico: una madre francese accoglie in casa propria Milana, una bambina cecena, appartenente ad una famiglia di sans papiers che rischia l’espulsione. Ecco lo sfondo che dovrebbe, da solo, rendere interessanti le scene di gioco e di vita familiare, le lezioni di aritmetica, le corse sulla spiaggia, le birichinate, i filarini pre-adolescenziali: una serie di spunti da filmino domestico, solo a tratti interrotta da improvvisi e surreali scoppi di isteria. Questi ultimi sono soltanto la punta dell’iceberg di una regia informe, che non riesce mai, ma proprio mai, ad essere minimamente convincente. Roman Goupil naviga a vista in uno sfilacciatissimo ammasso di situazioni che beatamente ignorano le tematiche più strettamente legate al soggetto del film, dal confronto tra le diverse culture al dramma dell’esilio, dalla questione dell’accoglienza alla definizione del concetto di legalità. E chissà se mai il Nostro ci vorrà spiegare il motivo per cui, nell’anomala ed inutile cornice introduttiva, ha collocato la narratrice nel 2067 (!), ed ha voluto presentare i bambini solidali con Milana come ladri di cibo, trafficanti di telefonini ad ultrasuoni e produttori di DVD pirata. Chissà davvero.
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