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Storie di fantasmi

Regia di Masaki Kobayashi vedi scheda film

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La recensione su Storie di fantasmi

di port cros
10 stelle

Capolavoro del cinema fantastico in cui Kobayashi fonde visione artistica fantasmagorica e perizia tecnica all'avanguardia per confezionare un incantevole sogno/incubo lungo tre ore, che non smette di strabiliarci durante e ossessionarci anche dopo la visione.

 

 

Locandina originale

Storie di fantasmi (1964): Locandina originale

 

Kwaidan, che in giapponese significa "storie di fantasmi", adatta quattro racconti popolari nipponici in altrettanti episodi di diversa durata. In Capelli Neri un samurai squattrinato abbandona la moglie per un nuovo matrimonio d'interesse, ma poi rimpiange il primo amore. In La Signora della Neve un giovane bloccato in una casupola nel fitto di un bosco a causa di una tormenta viene risparmiato da una micidiale apparizione, che però lo vincola ad una promessa fatale. In La Storia di Hoichi Senzaorecchie, per durata un lungometraggio a sé stante, un monaco musicista cieco è costretto a esibirsi per un pubblico di fantasmi, nobili e sovrani annegati molti secoli prima nel corso di una sconfitta navale. In Una Tazza di Té è un racconto nel racconto, dove uno scrittore narra la storia interrotta di un samurai che viene sfidato da un riflesso di un altro guerriero che appare nella sua tazza da tè.

 

Submarino.com.br | DVD Kwaidan - As Quatro Faces do Medo - YouTube

 

Il film di Masaki Kobayashi non è un vero proprio horror, inserendosi piuttosto nel genere fantastico, innervato dal timore atavico del soprannaturale. Più che da spaventi da salto sulla sedia, è pervaso da un'atmosfera inquietante che penetra sottopelle e ci resta anche molto dopo i titoli di coda, grazie alla potenza evocativa delle sue immagini. Ciò non toglie che vi siano alcuni momenti realmente orrorifici, dal cadavere putrefazione della prima moglie dai neri capelli, al sangue che scorre a fiotti dalle orecchie mozzate di Hoichi, alla sgradita sorpresa nella giara della penultima inquadratura. Comunque Kobayshi non lesina neppure una certa ironia, soprattutto nell'ultimo episodio, tanto breve quanto gustoso nella sua beffarda “incompletezza”.

Apprezzato appieno grazie ad una eccelsa versione in DVD rimasterizzata in alta definizione, Kwaidan è davvero un'opera fantasmagorica, in cui il il regista nipponico fonde visione artistica e perizia tecnica per confezionare un incantevole sogno/incubo lungo tre ore, che merita di essere celebrato come un grande classico del cinema, non solo orientale.

Tecnicamente strabiliante per gli anni 60, sembra precorrere di decenni i tempi con soluzioni innovative ed effetti incredibili per l'epoca come fuochi e capelli volanti (e i fili non si vedono!) e set irreali, che sembrano quasi opera della moderna computer grafica.

La fotografia è curatissima e inebria con un caleidoscopio colori sgargianti, dal rosso di un drappo che si staglia contro il candore di un paesaggio innevato ai kimono dorati dei nobili medievali. Kobayashi fa uso esteso della dissolvenza per rendere l'evanescenza degli ectoplasmi e si diletta in abilissimi giochi di luce, soprattutto nella storia della signora della neve, per rendere nella medesima inquadratura il passaggio dalla comune donna di casa alla terribile strega.

 

Kwaidan

 

La sua macchina da presa è sempre mobile ed incessante nel trasportarci in scene che sembrano veri e propri quadri in movimento e depositano tante immagini indimenticabili nella mente dello spettatore. Nel primo capitolo il protagonista invecchia a vista d'occhio grazie ad un sapiente montaggio. Nell'episodio di Hoichi Senzaorecchie, il monaco cieco avrà il corpo ricoperto completamente (anzi, quasi completamente) di scritte protettive (avrà ispirato Peter Greenaway per I Racconti del Cuscino?). Tutto questo dopo che una magniloquente ricostruzione cantata della battaglia navale di Dan-no-ura del 1185, da poema epico, aveva fatto da prologo alla sua sventurata vicenda.

 

Kwaidan' and 'House of Bamboo': Visions of, and From, the Rising Sun - The  New York Times

 

Il risultato appare ancor più sorprendente alla luce del fatto che il film sia stato evidentemente in massima parte girato in set ricostruiti in studio, con boschi e mare ricreati con la massima perizia e realismo e con fondali immaginifici a sostituire spesso il cielo o i paesaggi: La Signora della Neve vanta un fondale surrealista del cielo che pare concepito dalla mente di Salvador Dalì, da dove una costellazione di occhi scruta i protagonisti dispersi nel bosco innevato.

 

 

Kwaidan (1964) – Film Review

 

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