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Crazy Heart

Regia di Scott Cooper vedi scheda film

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La recensione su Crazy Heart

di maurizio73
5 stelle

La parabola del cantautore country Bad Blake sembra segnare un inesorabile declino tra l'attaccamento alla bottiglia e la spietata concorrenza del suo giovane allievo e rivale Tommy Sweet. Durante una tourneè lungo un itinerario periferico di modesti e sperduti locali tra Texas e Arizona, la sua vita sembra svoltare quando incontra e si innamora di una giovane giornalista e madre single che ricambia il suo affetto. La nuova relazione ed un grave incidente di percorso lo conviceranno a disintossicarsi e a dare un nuovo impulso alla sua vita ed alla sua carriera.

 

 

L'America dimentica troppo presto i suoi miti, ma soprattutto i suoi miti si dimenticano troppo presto di se stessi. Questo sembra dirci nel suo esordio col botto (due Golden Globe e due premi Oscar rispettivamente a Bridges ed alla canzone originale "The Weary Kind" di Ryan Bingham), il suo giovane autore e produttore Scott Cooper in questo simil-biopic in salsa country che adatta per il grande schermo l'omonimo romanzo di Thomas Cobb. Tra gli avvolgenti piano-sequenza di malinconiche performance acustiche su luridi palcoscenici che puzzano di alcol e sudore e gli sconfinati orizzonti desertici al tramonto da qualche parte tra Texas e Messico, si muove la sagoma ingombrante e incerta di un ultimo buscadero dal cuore tenero e la faccia triste e sorniona insieme del 'country-solitary man' di Jeff Bridges che sa ancora strimpellare la chitarra, portarsi a letto qualche attempata ammiratrice e, se gli va bene, buttare giù qualche nuovo pezzo.

 

 

L'epica del cowboy al tramonto è presto servita secondo canoni di una regia molto classica che amalgama con discreta competenza le tematiche melodrammatiche di repertorio (il declino di un mestiere che ormai soggiace alle spietate leggi del mercato, la parabola di un uomo con troppi rimpianti sulle spalle, il vuoto di una paternità mancata, il riscatto amoroso, la rinascita professionale : toh! Bad Blake è tornato!...avrebbe detto Scorsese) con quelle non meno prevedibili di una 'Nashville' in terra Texana che rinuncia all'unità di luogo ed allo spaesamento corale del film di Altman per caricare tutte le sue frustrazioni e le sue mancanze sul groppone acciaccato ma ancora capace di un vecchio mandriano come Jeff Bridges che, nonostante lungaggini (112 minuti sono francamente troppi!), esasperata lentezza, sbavature del montaggio e diversi passaggi a vuoto, riesce a condurre a termine uno spettacolo genuinamente 'unplugged' che ricapitola un'intera esistenza umana e professionale ed è pronto per iniziarne una nuova di zecca. Magari un giorno (off Hollywood s'intende!) spiegheranno a Cooper che i dettagli narrativi sono non meno importanti degli snodi principali e che il fascino delle immagini non risiede soltanto nel loro lento ed inesorabile accumularsi; nel frattempo accontentiamoci di un discreto prodotto al confine tra banalità mainstream e presunzioni autoriali scambiato (spacciato?) per un capolavoro e la diligenza professionale di vecchie e nuove glorie del firmamento hollywoodiano (da Briges a Duvall, da Gyllenhaal a Farrell) utilizzati alla bisogna. Molto bella la fotografia di Barry Markowitz e le musiche originali di Ryan Bingham e T-Bone Burnett. 

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