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Margherita Gauthier

Regia di George Cukor vedi scheda film

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La recensione su Margherita Gauthier

di Antisistema
9 stelle

George Cukor è famoso presso gli appassionati di cinema, come regista di commedie brillanti, spesso tratte da opere teatrali. Durante la sua carriera però si è anche cimentato con musical (È Nata una Stella e My Fair Lady), dramma-thriller psicologici (Angoscia) e melodrammi come il riuscitissimo Margherita Gauthier (1937). Uscire fuori dai suoi soliti territori non l'ha danneggiato, poiché alla base dell'opera vi è il romanzo "La Signora delle Camelie" di Dumas, il quale ha ispirato numerosi adattamenti teatrali, e quando si tratta di letteratura e soprattutto palcoscenico, George Cukor non ha molti rivali poiché proveniva da quel mondo prima di dedicarsi al cinema.

Il regista non è certo un maestro della macchina da presa come Orson Welles o Alfred Hitchcock, ma dalla sua aveva due assi nella manica; una grandiosa abilità nel dirigere gli attori e la capacità di usare la scenografia non solo come mera location, ma anche come elemento narrativo.

 

 

Cukor durante la sua carriera ha diretto grandissime attrici, alle quali spesso ha regalato le migliori perfomance della loro carriera e stavolta l'onore di essere diretta da lui, spetta alla divina Greta Garbo. In un libro intervista del critico/regista Peter Bogdanovich ad Orson Welles, si lamentava della scadente qualità della filmografia di Greta Garbo riuscendo ad elevare sopra la media solo Margherita Gauthier e Ninotchka, il grade ed arguto Welles fece notare al suo discepolo che basta anche una sola grande opera per renderti immortale, facendo l'esempio con Don Chisciotte per Cervantes. 

Margherita Gauthier è la summa di tutte le eroine tragiche da melodramma che Greta Garbo era stata costretta ad impersonare fino allo sfinimento. Cukor ne riconosce immediatamente il potenziale in questo genere, riuscendo però a correggere molti difetti; in primis tratteggia la sua tipica figura di donna outsider, ma in chiave più positiva rispetto al romanzo e ai precedenti adattamenti, cosa non scontata data la natura accompagnatrice di alto borgo della protagonista (non è una prostituta tout-court, anche se di umili origini), che si mantiene grazie alle attenzioni e ai regali dei vari uomini,  così da permettersi di pagare le spese ingenti del suo stile di vita dedito al lusso senza però aiutare occasionalmente chi è in situazioni di difficoltà (vedasi il cocchiere anziano). Margherita non può non essere spiazzata innanzi alla figura di Armando Duvall (Robert Taylor), un uomo che è tutto l'opposto degli essere meschini che lei frequenta e che la ama sinceramente, solo che non possiede le risorse economiche adeguate. Il ritratto che Taylor conferisce al suo personaggio, è semplice, schietto, sincero e soprattutto umano (anche nell'ossessiva gelosia verso la donna), riuscendo a non scadere mai nella macchietta fastidiosa del maschio idealista. Se ne resta tanto colpiti che in effetti ci si chiede se una donna come Margherita Gauthier che ha sempre "amato il lusso prima di ogni sentimento d'amore", si meriti una felicità perpetua con quest'uomo.

La forte passione del film si gioca tutta qui; tra il troppo che possiede Margherita Gauthier ed il poco di Armando Duvall.

 

Laura Hope, Lenore Ulric, Greta Garbo

Margherita Gauthier (1937): Laura Hope, Lenore Ulric, Greta Garbo

 

Il contrasto lusso-austerità, è enfatizzato dalle scenografie della residenza della donna, ampie, spaziose e stracolme di immobili ed oggetti barocchi ed ampollosi che soffocano il sentimento. Mentre la campagna è un luogo più semplice ed austero, dove la magnifica fotografia di Karl Freud irronda di luce tale scenografia dove i nostri due protagonisti vivono felicemente un'intera estate d'amore, valorizzata nella loro intimità dai dolci primi piani di Margherita e Armando che si abbracciano e si scambiano baci. Il teatro e le feste invece sono ritratti abbastanza criticamente dal regista che conoscendo evidentemente il mondo delle classi elevate, ne disprezza i membri che ne fanno parte; specie Olympe, fastidiosa pettegola sempre pronta a dire maldicenze su Margherita Gauthier. Elemento originale è il personaggio di Prudence, una signora abbastanza anziana che combina gli incontri di Margherita con uomini facoltosi, ed è sfruttata da Cukor come elemento portatrice di comicità in momenti anche cupi (non compie certo un azione lodevole a chiedere indietro soldi ad una donna che si sente male), senza però distruggere l'atmosfera melodrammatica. I personaggi ai margini come la governante Nanine che nutre per Margherita un sincero affetto, sono coloro che sono ritratti invece in modo più positivo. Due parole infine sulla magnifica Greta Garbo mai cosi splendente e diviba; Cukor ne smussa tutti i lati più "teatrali" nella recitazione e nel modo di porsi con il suo partner maschile (pare che una volta tanto non rese difficoltoso il suo legame sul set con gli altri attori), traendo così dell'attrice una perfomance atta ad esprimere il forte contrasto dilaniante tra bisogni materiali e una fiamma ardente di un sincero sentimento mai provato prima; Greta Garbo risplende tra i suoi dubbi interiori ed i suoi slanci di passione, tratteggiando un personaggio profondo, appassionante, combattuta e fragile, eliminando ogni manierismo che si portava dietro nei suoi precedenti film e così da far struggere lo spettatore nel magnifico finale. Questa volta il suo magnetismo, la rende sempre più splendente sullo schetmo e di meglio farà solo in Ninotchka (1939) di Ernst Lubitsch. Anche stavolta l'attrice non vincerà l'oscar, ma sinceramente La Divina non necessita di inutili statuette per splendere perpetuamente in eterno (e poi sto premio l'hanno vinto attrici pippa come Julia Roberts e Sandra Bullock, non credo che a Greta Garbo sarebbe piaciuto essere messa in un elenco con loro tra le vincitrici del premio).

Margherita Gauthier in alcuni punti è un po' invecchiato (tipo qualche volta sarebbe stata gradita la profondità di campo per un maggior impatto visivo, ma forse non era possibile tecnicamente all'epoca), ma risulta essere un perfetto esempio di melodramma della vecchia Hollywood che non nasconde la sua natura letteraria, la quale viene piegata alla settima arte grazie al ritmo cinenatografico impresso del regista, due magnifici attori (anche se vince Greta Garbo) e una scenografia concepita come elemento narrativo. 

 

Greta Garbo, Robert Taylor

Margherita Gauthier (1937): Greta Garbo, Robert Taylor

 

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