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La bocca del lupo

Regia di Pietro Marcello vedi scheda film

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La recensione su La bocca del lupo

di giancarlo visitilli
8 stelle

“Ti amo, bastarda” è solo un verso di questa bellissima poesia-film, La bocca del lupo, titolo che si riferisce ad un celebre romanzo ottocentesco di Remigio Zena. Ambientato nei luoghi cari al primo De André, al Guttuso più intimo e al Pasolini di sempre, il film di Pietro Marcello è tra le migliori opere italiane del 2010, vincitore allo scorso Festival di Torino e presentato nei giorni scorsi a Berlino. Questo film documentario-non-documentario prende le mosse da un'idea della Fondazione “San Marcellino”, dei padri Gesuiti, che da anni assistono le comunità di emarginati e indigenti di Genova.

All'orizzonte il mare, sulla scogliera gli avanzi di case e nella campagna una casetta in cui due persone consumano il loro sogno. I notturni e i ritorni che fanno pensare al poeta di Recanati, le lunghe assenze di Pascoli, le macerie di paesaggi ungarettiani. In questi ambienti un amore, quello tra Enzo e Mary, insieme dallo stesso momento in cui, tanti anni prima, si conobbero dietro le sbarre di un carcere. Due persone con una storia alle spalle molto diversa: lui è figlio di un contrabbandiere siciliano, trapiantato a Genova, condannato a ventisette anni di prigione per aver quasi ammazzato due poliziotti; lei è una transessuale, anni prima appartenente alla borghesia romana, ma rifuggita nel capoluogo ligure per rincorrere la sua sessualità. Il loro sarà un continuo aspettarsi e ritrovarsi, al tempo e al ritmo della nostalgia di luoghi impressi nella memoria, in cui la città di Genova è continuamente rivisitata e mai definitivamente abbandonata. Un amore che si alimenta tra nastri registrati, lettere ingiallite e continui messaggi, di cui si aspetta fremente l’arrivo e l’invio. In essi l’unico linguaggio è quello dell’amore allo stato puro, classico, antico, di quello raccontato dai poeti latini e greci: vivere lontani dalla città, al calore di un fuoco e in compagnia di quel domestico ch’è fatto di presenze animali e sentimentali.

Un cinema che deve ancora venire, ma che nel frattempo è già passato, è quello di La bocca del lupo. Raccontarne è riduttivo, definirlo ancora più superfluo. Un’intima ballata, costruita con molti ‘pianissimo’ e pochi ‘andante’, in quanto la sinfonia è quella di due solitudini, fra amore e redenzione, interpretate da due attori-non-attori (in quanto veri), di eccezionale e naturale bravura.

Il regista casertano, Pietro Marcello, classe 1976, aveva già dato prova della sua bellissima poeticità nel racconto, attraverso il mediometraggio Il passaggio della linea, giustamente premiato alla Mostra del Cinema di Venezia del 2007. Dopo l’esperienza di questa seconda ed importante prova, l’attesa di un lungometraggio si fa importante. E la stessa fremente attesa, per la prossima prova di questo eccezionale regista, rimanda a quello che lo stesso Remigio Zena scrisse nel suo romanzo: “Dopo il pasto viene il guasto, dopo il canto viene il pianto, diceva quello, e diceva bene”.

Giancarlo Visitilli

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