Regia di Stefania Sandrelli vedi scheda film
E' il primo film di Stefania Sandrelli come regista: a quasi mezzo secolo dal suo esordio nel cinema, come co-protagonista (appena quindicenne) del Divorzio all'italiana di Germi (1961), l'attrice viareggina passa dietro alla macchina da presa e, va sottolineato perchè tutt'altro che scontato, sceglie di non partecipare al lavoro anche come interprete. Ma prende la figlia Amanda come protagonista, comunque una buona scelta; al suo fianco anche Alessandro Haber, Roberto Herlitzka, Alessio Boni e Mattia Sbragia. La storia (scritta da Furio e Giacomo Scarpelli, Marco Tiberi e Stefania Sandrelli) è uno spaccato 'moderno' sul Trecento francese, una vicenda di emancipazione femminile (ma non solo, anche da parte di un'italiana in terra francese) presumibilmente proprio per questo molto cara all'autrice-regista: non si dimentichi infatti che ancora oggi nel cinema le registe donne sono sempre meno dei colleghi maschi. Ma fortunatamente non prevale l'interesse nel calcare la mano su facili polemiche sessiste e la parabola di Christine/Cristina può essere interpretata genericamente come l'ascesa verso la realizzazione personale di una persona che prende coscienza del proprio innato talento artistico. Ritmi non esaltanti e toni da fiction tv costituiscono i principali limiti dell'opera, che è comunque un debutto incoraggiante. 5/10.
Alla fine del XIV secolo vive a Parigi l'italiana Cristina, rinominata Christine, vedova di un francese. La sua propensione per le lettere viene sostenuta dall'amico Charleton, ma l'idea che una donna - e per di più italiana - possa scrivere versi in francese non piace a molti.
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