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Maledetta estate

Regia di Philip Borsos vedi scheda film

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John_Nada1975

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La recensione su Maledetta estate

di John_Nada1975
6 stelle

Buona pellicola che ha in parte precorso il fione di lì a qualche anno di grande successo, dei serial killer. Girata e ambientata con buona intuizione a Miami, nello stesso anno in cui vi veniva realizzata la prima stagione di "Miami Vice", che avrebbe cambiato la percezione della stessa città presso il pubblico in generale ma in particolare quello cinetelevisivo, si avvale di una fotografia davvero di alto livello di Frank Tidy, di una colonna sonora invero un pò anonima di Lalo Schifrin, e di una buona interpretazione del protagonista Kurt Russell, che in quegli anni rappresentava proprio come una stessa sua incarnazione, il cinema carpenteriano, e per sua stessa transizione, quello degli anni ottanta. Oltre a dare buona prova delle sue doti ginniche e atletiche in una sequenza di corsa a piedi allo spasimo, attraverso pure un ponte levatoio in funzione e forse esagerata, che però dimostra ancora la buona forma di Kurt da giovane, negli anni della scuola giocatore di baseball sulle soglie della scelta professionistica.

Anche la raffigurazione della redazione del Miami Journal e del mestiere di giornalista locale in cerca di visibilità e realizzazione professionali, non è troppo caricata nei toni polemici come potrebbe, ma non è neppure eccessivamente stereotipata e piena di clichè. Stereotipizzazioni che ci sono, non mancano e provengono almeno già dal Bruno Anthony di Robert Walker ne "L'Altro uomo- Delitto per delitto" di Hitchcock, ma forse pure prima da "Lo Straniero" di Orson Welles, come nel suo rapporto reso conflittuale e problematico dal troppo assorbimento nel suo lavoro con la fidanzata Mariel Hemingway, e in particolare con l'assassino seriale che lo userà come suo "biografo" delle proprie gesta, autorizzato, e che arriverà a rapirgliela. Il personaggio dell'assassino, Alain Delour, è interpretato benissimo da un attore di lungo corso teatrale, cinetelevisivo e gran classe e bravura scenica, che è stato significativo e sempre dotato in ogni sua apparizione, dalla vita breve eppure abbastanza ricordato: Richard Jordan.

Se solo questo thriller psicopatologico non fosse ancora oggi abbastanza dimenticato, il suo personaggio, e in particolare la prima apparizione al giornalista, sotto le mentite spoglie di un reduce del vietnam sfatto, sudaticcio, con la barba lunga e dalla gamba offesa imbracata in un tutore di acciaio, in un trailer di un parcheggio per camper, tutto un travestimento, sarebbe degno di essere accostato in un ideale Pantheon dei personaggi similiari degli anni ottanta a quello di John Ryder impersonato da Rutger Hauer, in "The Hitcher- Le Strade della paura"(1985), di Robert Harmon.

Ancora più di sensazione la sua apparizione che lo disvela totalmente per come realmente appare, a circa un'ora di film, totalmente diverso e distinto, ripulito.

Ottimo come sempre Richard Masur quel caporedattore in una delle sue non troppe occasioni cinematografiche e non televisive, ma soprattutto Richard Bradford nei panni del poliziotto "anziano" che non ha simpatia per il protagonismo del giornalista Kurt Russell, dal suo consueto look "muccioliano", e collega del poliziotto giovane Andy Garcia, semi-esordiente. Ma soprattutto la come al solito intensa, carismatica apparizione breve del grande William Smith nel pre-finale, come testimonio volontario, e che sarà determinante per identificare e rintracciare l'abitazione di Jordan, quasi al momento giusto. Splendida la sequenza terribile della prima uccisione della ragazzina, in cui come in tutto il film è molto bene utilizzata la componente climatica e di illuminazione naturalistica, fotografica del cielo e del verde delle Everglades, decisiva ad un certo punto verso il finale. Così come quella in cui il fotoreporter Joe Pantoliano coglie già pronto con la macchina fotogrfica sullo sfondo, il momento nel quale la madre riceve la telefonata domestica del marito, che la informa che è proprio la loro figlia, al riconoscimento alla morgue. E anche la notazione di Russell che non prende la foto della ragazza dall'album delle foto, necessaria per l'articolo, già parzialmente in repulsa per il proprio mestiere di scribacchino, ma lo farà sempre Pantoliano.

Philip Borsos dimostra poi tutta la sua bravura di documentarista e regista pioniere del cinema del British Columbia, per come sa cogliere lo strazio e l'intensità drammatica, tragica del momento, nel quale viene ritrovato dalla polizia sotto la pioggia umida estiva della Florida il cadavere di una madre uccisa, e Bradford porta via in collo la bambina piangente e disperata della stessa, tra alberi di latifoglie lungo una bianca spiaggia sulla quale vennero girate scene di alcun episodi dello stesso "Miami Vice".

Una sequenza che nella sua drammaticità quasi insostenibile e assolutamente verista senza bisogno di mattanze e macellerie solite, prosciuga e distrugge, annienta, molte delle visioni spettacolarizzanti e quindi anche "mitizzanti", patinate, del cinema americano sui serial killer da '80 ai '90.

 

John Nada

 

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