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Management

Regia di Stephen Belber vedi scheda film

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La recensione su Management

di nickoftime
6 stelle

Vettore naturale di un America lontana dall’immagine patinata della produzione mainstream, il cinema indie conferma la sua predilezione per “storie laterali”, che pur lontane dalla freschezza  degli esordi continuano a rappresentare l’altra faccia del sogno americano, in cui le certezze degli spot propagandistici lasciano il passo all’evidenza del mondo reale. Un cinema dagli spazi ristretti e dalle tonalità chiaroscure che diventa il territorio naturale per accogliere l’implosione di esistenze vissute in punta di piedi, e destinate ad esaurirsi nel ricordo delle occasioni mancate, oppure, come nel caso di “Management”, la commedia agrodolce diretta da Steven Belber, a trasformarsi nel palcoscenico ideale per atti di coraggio che possono cambiare un destino  simile  a quello che unisce  Mike (Steve Zahan) e Sue (Jennifer Aniston), incontratisi nel motel che lui gestisce insieme ai genitori e dove lei fa tappa durante un viaggio d’affari. Un amore a prima vista che Steve si ostina portare avanti nonostante le paure di Jennifer , decisa a tornare alla propria vita e pronta a gettarsi nelle braccia di un uomo che non ama pur di non mettere in gioco i propri sentimenti. Incentrato sulle caratteristiche fisiche dei due protagonisti, diverse ma complementari, nelle  movenze fanciullesche di lui opposte alla severa spigolosità di lei, “Management” sfrutta al meglio le poche situazioni che il copione gli offre, proponendo una storia d’amore che pur non essendo immune da una certa prevedibilità in fase di scrittura, (le tappe del progressivo lieto fine sono scandite dai soliti alti e bassi) e denunciando un calo di ritmo nell’inserto dedicato ai tentativi del protagonista di riprendersi dalla delusione amorosa, riesce a rimanere interessante per lo straniamento che pervade i protagonisti lungo tutto il percorso della loro storia. Immerso nella desolazione di un agglomerato urbano che rappresenta l’unico fattore di discontinuità in una paesaggio ugualmente anonimo, il film si avvale della presenza di un redivivo Woody Harrelson, qui impegnato in un ruolo piccolo ma perfettamente calzante con le predilezione dell’attore per i ruoli al limite della sanità mentale, e da Fred Ward, padre del protagonista e testimone silenzioso degli avvenimenti che sconvolgono la routine del suo nucleo familiare. 

 

 

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