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The Road

Regia di John Hillcoat vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su The Road

di cantautoredelnulla
6 stelle

Sapevo in partenza che mettere in scena un libro così bello sarebbe stato difficile e la regola che da un libro perfetto sia difficile estrarre un film che sia all'altezza del testo in questo caso, a mio parere, è confermata. Malgrado una scenografia convincente, talmente bella e realistica che nelle prime scene ho riconosciuto la foto 13 di questo servizio sul vulcano St Helens: http://www.nationalgeographic.it/natura/2010/05/17/foto/fotogalleria_il_monte_st_helens-25423/1/. E, aggiungo, malgrado attori che hanno dato una grande prova di sé.
Quello che non va, a mio parere, è l'eccessiva aderenza al testo del libro. Leggendo il libro di McCarthy e vedendo il film molti sono i punti in comune e spesso pensavo: era così che l'avevo immaginato. Ma i dialoghi tra padre e figlio, per esempio, scivolano via veloci mentre nello scritto sembrano continuamente contrappuntati da silenzi inquietanti. Nel film, per esempio, ho trovato una maggiore presenza di Dio e di fede rispetto al libro e addirittura il vecchio incontrato sulla strada dice esplicitamente che quel bambino è un semidio, concetto assolutamente assente nel libro di McCarthy. Allora, mi è venuto da pensare, se Hillcoat vuole comunicarci che quel bimbo è stato mandato dal Creatore, che lui traghetterà l'esistenza umana verso una rinascita, perché alla fine non gli fa spuntare delle belle ali, non gli dona un coraggioso tocco di poesia di cui il libro è pieno e di cui il film è scevro? Finire come il libro, dopo avere trattato diversamente il testo del libro, dopo aver voluto lanciare messaggi di speranza ripetuti (mi viene in mente la scena dello scarabeo), probabilmente è stata la scelta più sbagliata che ha delineato la mancanza di coraggio di chi quel testo l'ha studiato e voluto trasporre in pellicola rinunciando a una propria chiave di lettura, abbozzata, ma non affermata.
In questo film tutto procede rasoterra. Il concetto del "noi portiamo il fuoco" si affaccia solo due volte e la seconda al bimbo viene detto che è pure un po' matto e non si coglie invece che quel fuoco è la speranza a cui si aggrappa l'uomo per vivere e sopravvivere. L'incontro con l'altro bambino per esempio dà spessore alla solitudine spirituale dell'uomo, ma mentre nel libro questo incontro diventa emblematico e ritorna diverse volte, non ultimo sul finale quando il messaggio lanciato è che nel mondo esisterà sempre qualcuno che sarà disposto a prendersi cura degli altri, qualcuno che non rinuncerà alla proiezione della comprensione che fa la differenza tra l'uomo e la Natura, nel film tutto questo si perde.
Nel film tutto è esplicito e chiaro: c'è stata una catastrofe ambientale, ci sono dei cannibali che chiamiamo cattivi, c'è un percorso verso sud dove ci saranno altre persone. Non c'è suspense, le cose si svelano subito, perdendo di efficacia, di forza evocativa. Ho avvertito nel film il bisogno di spiegare ciò che invece il libro abbozza soltanto lasciando in sospeso il senso, il significato, per lanciare il messaggio: non c'è una partenza e non c'è un arrivo.
In questa non banale semplificazione, il messaggio più forte che rimane è la metafora di una strada di vita da percorrere genitori al fianco dei figli, dove un padre prova a insegnare a un figlio come difendersi e vivere, l'arte della diffidenza e la saggezza della fiducia, e a un certo punto gli lascia la mano per dirgli: va', ora sei pronto, la tua strada la disegnerai da solo.
Un film che vale comunque la pena di vedere, cha porta con sé messaggi e insegnamenti non paternalistici, con qualche inevitabile pecca e una spinta infinita alla vita.

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