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Delitto e castigo

Regia di Aki Kaurismäki vedi scheda film

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La recensione su Delitto e castigo

di Peppe Comune
8 stelle

Il macellaio Antti Rahkainen (Makku Toikka), un giorno entra in casa dell’uomo d’affari Kari Honkanen (Pentti Auer) e senza alcun motivo apparente lo uccide a sangue freddo con un colpo di pistola. Il giovane non scappa dall’appartamento della vittima, si comporta come se stesse aspettando qualcuno che arrivi a coglierlo in flagrante sul luogo del delitto. Questo qualcuno si presenta nella persona di Eeva Laasko (Aina Seppo), la lavorante di una pasticceria venuta per i preparativi di una festa che avrebbe dovuto tenersi la sera. La ragazza però offre solo dei vaghi indizi alla polizia che arriva sul posto, anche quando, dalla successiva frequentazione con l’assassino, viene a sapere il suo nome e l’indirizzo dove abita. Indaga sull’omicidio l’ispettore Pennanen (Esko Nikkari), che si convince della colpevolezza di Antti Rahkainen ma non ha elementi sufficienti per poterlo arrestare. Il giovane intanto, nel mentre dissemina indizi che provano la sua colpevolezza, si difende con lucida fermezza durante gli interrogatori.

 

scena

Delitto e castigo (1983): scena

 

“Delitto e castigo” è il film che segna l’esordio alla regia del regista finlandese Aki kaurismaki, un autore che apporterà un diverso modo di rapportarci con l’oggetto cinema e che, a mio modesto avviso, è diventato importante nell’economia della storia della settima arte per almeno due ordini di fattori : per il modo del tutto unico ed originale di rappresentare il mondo che lo circonda, sempre attento alle sorti di quei disadattati sociali in perenne balia delle onde e sempre pronto ad offrirgli uno spiraglio di luce alla fine dei propri tunnel esistenziali, e per come indirizza gli elementi tipici della sua poetica (estrema laconicità dei protagonisti, situazioni al limite del paradossale che si susseguono, critica sociale di impronta umanista, il tema della fuga come ultimo anelito di speranza, assoluta centralità della musica) verso un linguaggio cinematografico che, nel mentre si struttura su di una pesantezza di stile tipicamente “bressoniana”, si caratterizza per un ironia di stampo anarcoide che lo percorre che tanto (mi) ricorda Jacques Tati. Insomma, si ride amaro col cinema di Aki Kaurismaki, che porta ad affezionarci a vite precarie adagiate senza scampo sul crinale dell’abbandono mostrando di preoccuparsi più della capacità di resistenza dell’uomo fagocitato dalla sua precaria condizione esistenziale che delle cause sociali che l’ hanno prodotta. Con “Delitto e castigo”, Aki Kaurismaki prende in prestito un importante testo letterario per piegarlo alle sue esigenze stilistiche (cosa che farà quattro anni dopo con “Amleto si mette in affari” rielaborando a suo modo l’opera di William Shakespeare) e per farne lo specchio attraverso cui esaminare temi assoluti ed eterni quali il rapporto dell’uomo con i propri sensi di colpa, il conflitto latente tra l'ordine costituito e il perseguimento di una particolare idea di giustizia sociale, i limiti procedurali delle istituzioni sociali, l’attrazione per il male. L’opera di Fedor Dostoevskij è più un mezzo che un fine dunque (come sottolinea anche mm40 nella sua recensione a questo film) e Kaurismaki ne dissemina gli ingredienti filosofici fondamentali lungo tutto il film preservandosi la facoltà di accentuarne il carattere più spiccatamente sociale : sia per come delinea la personalità di Eeva Laasko, che non denuncia alla polizia il ragazzo più perché attratta dal mistero che avvolge i comportamenti di un uomo così poco ordinario che perché intenzionata a redimerlo dai suoi peccati usando i più tipici precetti offerti dalla religione, sia facendo dire a Antti Rahkainen che voleva “uccidere un principio, non un essere umano”. Il tono che pervade il film è greve (come solo ne "La fiammiferaia" sarà con la medesima incisiva modalità), quasi esclusivamente concentrato sulla figura problematica di Antti Rahkainen, un uomo stretto tra le fauci assordanti della sua cattiva coscienza e le ingiustizie indotte da quelle iniquità sociali di cui si sente vittima, con la voglia insana di lasciarsi sprofondare dai suoi limiti caratteriali e la chiara intenzione di condurre fino al limite consentito dalla bontà dei propri sentimenti più sinceri la sua particolare sfida contro le leggi dello Stato. La ragazza forse lo salverà, se non dal carcere almeno dalla solitudine che gli ha imprigionato l’anima. Un grande autore è già nato.

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