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Gli amici del bar Margherita

Regia di Pupi Avati vedi scheda film

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La recensione su Gli amici del bar Margherita

di FilmTv Rivista
4 stelle

Che cosa faccia Pupi Avati tra un film e l’altro non è un mistero. L’ennesimo film, naturalmente. Di registro diverso magari, rispetto a quello immediatamente precedente, ma pur sempre nelle sue corde. Bologna è nelle strade, nelle facciate dei palazzi, come nel recente Il papà di Giovanna, ma Gli amici del Bar Margherita è purtroppo film di tutt’altro tono. Più vicino a Ma quando arrivano le ragazze?, ovvero il capoluogo emiliano, la musica (firmata dall’amico Lucio Dalla), l’amicizia virile e le buone maniere. In sintesi: Bep non si presenta al suo matrimonio per inseguire un’entraîneuse di nome Marcella, Gian vorrebbe cantare a Sanremo, Manuelo è un ladro ossessionato dalle donne, Zanchi s’è inventato la cravatta con l’elastico. E Sarti, giorno e notte nel suo smoking, vende cerate per preti ma è campione di ballo. Alzata la saracinesca del Bar Margherita di Via Saragozza, Avati scova un popolino di mediocri che tra lasagne e puttane rievocano in un eccesso autoreferenziale la propria infanzia. Ci pensa Taddeo, alter ego sedicenne, a mettere insieme questi campioni di innocenza. Modelli da osservare da una finestra (la stessa, o quasi, che fu di Avati), da raggiungere a ogni costo, con qualsiasi stratagemma. Anche inventarsi autista di Al, il più carismatico di tutti, chiave d’accesso a questo mondo. Nonostante il regista si sia portato dietro attori di famiglia (Diego Abatantuono, Neri Marcorè, Katia Ricciarelli) e parenti appena acquisiti (come Luigi Lo Cascio, Fabio De Luigi e Laura Chiatti), il risultato è davvero modesto. Una commediola semplice semplice, su cui pesa una voce narrante invasiva, punto di vista di un romanzo omonimo e fresco di stampa. Se ci fosse stata una trama, sarebbe stata genuina come una torta fatta in casa, peccato che il prolifico Avati si limiti a piccole situazioni che hanno per protagonisti personaggi eccentrici appena abbozzati. Personalissima esperienza umana che questa volta non lascia alcun segno, strappa solo qualche risata.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 14 del 2009

Autore: Cristina Borsatti

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